A Terni aperto solo un ristorante su tre: «Le regole non sono chiare e le persone devono ancora vincere le loro paure»

A Terni aperto solo un ristorante su tre: «Le regole non sono chiare e le persone devono ancora vincere le loro paure»
di Aurora Provantini
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Giovedì 21 Maggio 2020, 12:07 - Ultimo aggiornamento: 13:08

TERNI Solo un ristoratore su tre ha riaperto il 18 maggio. Molti hanno preferito restare alla finestra a guardare. Qualcuno alzerà le saracinesche stasera, qualcun’altro la settimana prossima, parecchi tarderanno la ripartenza. «Ci prendiamo ancora qualche giorno per capire come mettere in pratica le regole – dice Mirko Zitti del Livingstone Pub – perché c’è ancora tanta incertezza». Bruno Felici (La Cruda di via Cavour) si sta organizzando per spalancare le porte della sua pizzeria pur sapendo che dei 50 posti all’aperto ne potrà utilizzare 16. «Ho voluto attendere l’ufficialità dell’ordinanza regionale e dei protocolli – dice Felici – prima di sistemare i tavoli. Comunque la riapertura sarà al buio, perché non si ha idea di come risponderanno le persone, abituate ormai a restare in casa». Neanche Emiliano Angelelli del Mishima di via del Tribunale, ha fissato una data per la riapertura. «Sicuramente la settimana prossima - dichiara Angelelli – infatti stiamo studiano il nuovo piano di comunicazione. Il nostro menù diventerà digitale e al momento della prenotazione verrà inviato tramite whatsapp ai clienti. Anche il modo di prendere un aperitivo non sarà più come prima, studieremo formule nuove accelerando quel cambiamento che avevamo già in mente».
«Noi invece riapriremo stasera, nella speranza che si ritorni presto alla normalità – afferma Yuri Lenzi del Crunch in via Fratini – abbiamo assicurato il delivery da aprile e scommettiamo in questa ripartenza». Per Susu Chen del ristorante cinese La Giada sarà tutto più complicato, infatti resterà chiuso. Benjamin Lung (MioBio) è uno di quelli che ha riaperto il 18 e che di fatto non si è mai fermato, garantendo la consegna a domicilio dalla gastronomia. «Quello che potevamo fare l’abbiamo fatto – spiega Lung – adesso se ci sarà un riscontro positivo saremo qui a beneficiarne. L’andamento di questi primi giorni è stato fiacco, perché abbiamo servito dieci degli ottanta clienti che siamo in grado di ospitare. Ci possiamo ritenere comunque fortunati, sebbene qui benedetti soldi promessi dal Governo tramite gli istituti bancari non sono arrivati e stiamo in ritardo coi pagamenti dei fornitori». Anche Simone Bernardi (Il Postaccio in via Fratini) ha già riaperto: «Solo a cena e con un discreto andamento, in un momento in cui il termine discreto è relativo, ho avuto comunque 15 persone di lunedì e 9 di martedì». Alessandro Paolucci del Ristò da Ale, è fiducioso: «Le persone devono vincere le paure, le prenotazioni sono timide, ma sono sintomo di ripresa». Già, la paura. «I clienti sono molto attenti, forse anche spaventati» - commentano Anna e Alfio Musumeci (All Days in via Bartocci). «Abbiamo un self service - dicono i due fratelli - e prima registravamo 350 presenze al giorno. Adesso invece 50. Questo significa che anche chi va in ufficio preferisce evitare i locali, per la pausa pranzo».
Michele Medori, direttore di Confartigianato, fa un appello ai cittadini «affinché tornino a consumare nei loro locali preferiti» e alle istituzioni «perché facciano arrivare subito gli aiuti alle imprese, altrimenti ci si ritroverà con un territorio povero di servizi e ostile al turismo».
 

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