Terni, in obitorio la camera ardente per Zenepe e Xhafer poi l'ultimo viaggio di vittima e carnefice in Albania

Terni, in obitorio la camera ardente per Zenepe e Xhafer poi l'ultimo viaggio di vittima e carnefice in Albania
di Nicoletta Gigli
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Giovedì 6 Aprile 2023, 00:43

TERNI - L’ultimo saluto a Zenepe e Xhafer sarà all’obitorio dell’ospedale di Terni, dove sarà allestita la camera ardente prima del rimpatrio delle salme.

Per Zenepe Uruci, 56 anni festeggiati dieci giorni fa, finita a coltellate dal marito durante una violenta lite in casa, non ci sarà la cerimonia d’addio di fronte alla chiesa di via del Rivo, che era stata annunciata dopo la tragedia.

A una settimana dall’efferato delitto di Borgo Rivo i familiari hanno deciso che per la vittima del femminicidio e il marito, che ha deciso di chiudere con la vita in una cella del carcere di Terni, ci sarà un’unica cerimonia in obitorio. Poi l’ultimo viaggio di vittima e carnefice in l’Albania, dove saranno sepolti.

In queste ore si attende solo il nulla osta della procura ternana per il trasferimento delle due salme da Perugia a Terni. Un via libera che arriverà questa mattina dopo che sui due corpi senza vita sono state effettuate le autopsie su decisione del pm, Giorgio Panucci.

Le indagini sull’omicidio si sono di fatto chiuse sabato quando Xhafer Uruci, 62 anni, ha appeso il lenzuolo al gancio della finestra della cella e si è impiccato.

In carcere era attivato nella notte tra giovedì e venerdì con l’accusa di omicidio volontario aggravato ed era in attesa dell’interrogatorio di garanzia.

All’alba di sabato un poliziotto lo ha trovato impiccato in cella. Sul posto i vertici del penitenziario per le prime indagini sul suicidio di chi ha preferito condannarsi da solo prima di finire in un’aula di tribunale. 

Il pm, Panucci, ha aperto un fascicolo contro ignoti per poter disporre l’autopsia sul corpo di Xhafer, albanese da tanti anni a Terni con la famiglia. Sulla dinamica del suicidio non ci sarebbero ombre.

Chiara e brutale anche la ricostruzione del delitto che ha spezzato per sempre i sogni di Zenepe, da 18 anni cuoca della pescheria di via del Rivo, che viveva per il lavoro e la sua famiglia. I primi ad accorrere nell’appartamento di via del Crociere nel primo pomeriggio di giovedì scorso i figli della coppia. In terra in un lago di sangue la madre Zenepe, aggredita alle spalle dal marito e finita con cinque coltellate una delle quali ha reciso la giugulare. Ad assistere in diretta telefonica alle prime fasi del delitto il figlio, che era al lavoro nel viterbese e implorava il padre di calmarsi invitandolo ad attendere il suo rientro per chiarire le ragioni dell’ennesima lite: «Stasera non ci arrivi a parlarne stai sicuro - gli dice - adesso prendo un coltello, ti faccio vedere io come va a finire questa storia».

La figlia la trova in un lago di sangue, accanto c’è il marito Xhafer, le mani insanguinate. Viene portato in questura e poi, dopo un lungo interrogatorio, in carcere a Sabbione, dove qualche ora dopo si toglie la vita.

Un femminicidio annunciato tra il dolore delle amiche Zenepe, che l’hanno vista con un occhio nero e i segni delle violenze e che non si danno pace per non averla potuta aiutare.

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