Terni, mamma coraggio denuncia il figlio 14enne che consuma e spaccia droga: «Tutti i genitori devono fare come me»

Terni, mamma coraggio denuncia il figlio 14enne che consuma e spaccia droga: «Tutti i genitori devono fare come me»
di Nicoletta Gigli
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Giovedì 8 Settembre 2022, 08:57

TERNI - Patrizia ha sfidato i pusher che pretendevano che suo figlio, 14 anni, rubasse i soldi a casa per comprare la droga.

Quando si è resa conto che Lorenzo, il suo bambino, si faceva le canne ed era finito in un giro di spaccio più grande di lui, manovrato da adulti senza scrupoli poi arrestati in una delle tante operazioni antidroga, l’ha denunciato alle forze dell’ordine.

Per mesi l’ha seguito per tutta la città, ha rischiato di essere picchiata da qualcuno del gruppo, ha subito insulti di ogni genere, ha visto sparire da casa tanti soldi ma non ha mai fatto un passo indietro.

«La forza - racconta con un filo di voce la giovane mamma ternana - l’ho trovata solo perché sapevo che dovevo salvare mio figlio. La città è piena di droga e sono certa che se le mamme dei tantissimi ragazzini finiti nel giro facessero come me la situazione potrebbe cambiare».

La storia Patrizia la racconta oggi che suo figlio Lorenzo, 17 anni, sembra essere fuori da quel tunnel senza uscita.

Lui, dopo  aver passato mesi agli arresti domiciliari per essere stato bloccato mentre spacciava hascisc nel cuore del centro storico, non ha fatto più uso di droga e ha smesso di frequentare quel giro. Sarà sempre lei a scoprire che suo figlio ha fatto parte della baby gang che, per un anno e mezzo, ha terrorizzato i commercianti del centro rubando maglie e pantaloni griffati nei negozi per spartirsi il bottino da rivendere per comprare la droga.

«Tutto è cominciato all'improvviso, quando Lorenzo si è iscritto al primo superiore. Non tornava a casa a pranzo e a cena, al telefono non rispondeva più. Mio figlio era spento, spesso violento, prendeva a calci le porte e spaccava gli oggetti che si trovava di fronte. Qualche giorno dopo ho scoperto che la mattina non andava più a scuola.

E poi quei vestiti di marca nascosti  nello zaino che non si capiva come poteva averli pagati. Un campanello d’allarme per ogni genitore con un minimo di senso di responsabilità».

Patrizia è perfettamente consapevole che Lorenzo, quel bambino affettuoso e allegro, è finito in un brutto giro di spaccio e consuma droga. Che non ragiona più e ormai, in balìa di pusher adulti che utilizzano tanti ragazzini con la faccia pulita da sguinzagliare in centro con le dosi da vendere, è disposto a tutto pur di restare nel gruppo.

Una sera, mentre sue figlio dorme sul divano, prende il suo cellulare e legge una sfilza messaggi che la lasciano sconvolta.

«Lo minacciavano e insistevano perché a rubasse i soldi a noi genitori per comprare la roba.  Quella sera ho capito che non potevo lasciarlo in balìa degli eventi. Non era più mio figlio, sembrava diventato pazzo, l’hascisc gli aveva fumato il cervello. Io avevo una sola scelta: dovevo provare a salvarlo. Ad ogni costo e di fronte a qualsiasi rischio perché la sua vita viene prima di ogni altra cosa».

Patrizia inizia a seguire sui figlio giorno e notte. Ogni volta che lo trova in giro per il centro in cattiva compagnia chiama la polizia e i carabinieri. Spera che qualcuno possa fermarlo prima che sia troppo tardi.

Ma non farà in tempo: «Una sera mi arriva la telefonata dei carabinieri che mi dicono di andare in caserma perché mio figlio è stato arrestato per spaccio di droga».

Lorenzo finisce agli arresti domiciliari, le analisi confermano l’uso di sostanze stupefacenti. Per lui inizia un lungo percorso, non ancora concluso, tra tribunale dei minorenni, servizi sociali e psicologi.

Patrizia è quasi certa che il peggio sia alle spalle. Vive su un’altalena tra speranza e timori per il futuro di Lorenzo.

Le immagini di baby spacciatori all’opera e di burattinai scaltri e spregiudicati non potrà mai dimenticarle. «Mi auguro solo che i genitori che si trovano nelle mie condizioni prendano subito provvedimenti e denuncino i propri figli - dice. Non devono aspettare che sia troppo tardi».

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