I dem parlano di una strategia regionale che miri al completamento della rete dei servizi per la salute e risponda sempre più esaurientemente ai bisogni della salute degli umbri. Per questo - dopo aver fatto emergere le falsità della Lega Umbria in materia di conti delle aziende sanitarie che hanno fatto registrare un avanzo positivo nel 2019 - si evidenzia la necessità di «lavorare sul decremento della mobilità passiva e la necessità di incentivare la mobilità attiva di cui l'azienda ospedaliera di Terni è protagonista nella regione. In questa ottica ribadiamo fortemente, chiamando alla mobilitazione sindacati, associazioni e cittadini il nostro no ad un surrettizio indebolimento della sanità pubblica a favore di quella privata attraverso l'allungamento delle lista di attesa diventate enormi».
Parlano di «situazione di emergenza» per quanto riguarda l'Umbria del sud, in quanto si prospetta per l'ospedale di Terni un «anomalo potenziamento dei posti di terapia intensiva, sub intensiva, malattie infettive e pneumologia il che significherebbe, in caso di nuova pandemia, un blocco delle attività ospedaliere sia ordinarie che di alta specialità del nosocomio ternano, il quale diventerebbe a tutti gli effetti il principale punto di riferimento Covid19 dell'Umbria».
Con altrettanta nettezza Paparelli, Padiglioni, Lamanna e De Angelis dichiarano la loro ferma contrarietà ad ogni ipotesi di azienda ospedaliera unica regionale e/o di Asl unica Regionale. Avanzando la proposta di due aziende integrate tra ospedale e territorio, una Umbria Nord e una Umbria Sud, «entrambe convenzionate con l'Università e con una rete ospedaliera comprendente e nosocomi, sede di DEA di primo e secondo livello, ospedali di comunità, Hospice, strutture di riabilitazione avanzata, Rsa, casa della salute, medicina territoriale potenziata e riorganizzata. Solo con questo modello - dicono - sarà possibile a nostro avviso realizzare quella integrazione tra medicina e territorio che rappresenta l’unico vero punto di avanzamento sanitario pubblico, così come avvenuto negli ultimi decenni in Umbria. Auspichiamo fortemente che l'era Covid e post covid possa vedere un rilancio del servizio sanitario pubblico regionale, oppure si rischia il corto circuito generato dal combinato disposto di operatori insufficienti, liste di attese lunghissime, chiusure inspiegabili di servizi essenziali, blocco quasi completo degli interventi chirurgici, il che condurrà di fatto a quella privatizzazione surrettizia e strisciante della sanità umbra, così come auspicato dalla Lega e dalla Giunta Tesei che fin dalla campagna elettorale - concludono - hanno avuto come riferimento il modello sanitario lombardo, rivelatosi poi del tutto inefficiente e fallimentare».
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