Terni, i negozi messi all'angolo dal Covid: strade deserte e saracinesche abbassate

Terni, i negozi messi all'angolo dal Covid: strade deserte e saracinesche abbassate
di Aurora Provantini
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Sabato 8 Gennaio 2022, 05:25

 “Voglio restituire ai miei clienti tutto l’affetto che mi hanno manifestato in questi lunghissimi 25 giorni di assenza”. Luca Busini ha abbassato le saracinesche del negozio di frutta e verdura aperto dalla mamma Elisabetta quasi mezzo secolo fa (nel il 1973), il 16 dicembre scorso. “Siamo tutti vaccinati in famiglia: io, mia moglie, mia mamma e pure nostra figlia, che però è risultata positiva al Covid il 15 dicembre. Anche se ad essersi contagiata era lei soltanto, non ce la siamo sentiti di mettere a rischio la salute dei nostri clienti, che ormai sono anche i nostri più cari amici, perché li abbiamo visti crescere, sposarsi, abbiano seguito passo passo tutte le loro vicende sentimentali e lavorative. E meno male. Infatti, ad un certo punto, Omicron ha raggiunto anche me e mia moglie, così il periodo di isolamento si è allungato per tutti. Non ci siamo sentiti abbandonati. Anzi. Assistiti sia dall’Asl, che chiamava spesso programmando la visita dei medici dell’Usca, sia dai nostri amici”.

Già, gli amici.

Non c’è stato cliente che non si sia preoccupato di inviare un messaggio o di telefonare: “Ci chiedevano se avessimo bisogno di qualcosa. Di qualunque cosa. Gesti che ci hanno riempito il cuore di gioia e che adesso ci danno la forza di ripartire con più slancio di prima”. Luca sta dentro al negozio di via Cesare Battisti a fare l’inventario. Riaprirà lunedì 10 gennaio 2022: “Sono vaccinato, guarito, liberato”. Sulla saracinesca campeggia ancora la scritta “Chiuso per Covid”. “L’abbiamo messa il 16 dicembre”.

E’ stata una delle prime a comparire in quella via, dove da qualche giorno c’è clima di lockdown, perché sono sempre di più le attività che si fermano a causa della positività dei titolari o dei loro dipendenti. Esercenti e artigiani costretti a stare a casa nel periodo di maggiore incasso per loro: Natale. Messi all’angolo dal Covid. Le pasticcerie hanno buttato via i lieviti preparati per i dolci tipici delle feste. Qualcuna ha riaperto ieri, quando a chiudere è stato il bar Pazzaglia. L’immagine delle sue vetrine al buio, su Corso Tacito, rimanda al mese di marzo 2020. “Siamo tutti in quarantena perché uno di noi è risultato positivo al Covid - dichiara Stefano Amici - perciò, per prudenza e per senso di responsabilità, abbiamo fermato il lavoro”. Chiusi molti negozi di abbigliamento, anche se si erano preparati ad entrare e gamba tesa nella grande stagione dei saldi invernali. Sono decine e decine le attività a carattere familiare raggiunte dalla variante sudafricana: tabaccherie, ristoranti, saloni di bellezza.

Chiuse “Per quarantena”, “Per Covid”, “Per sanificazione”. Queste le scritte più frequenti. Qualcuno decide di non mettere un bel niente fuori dal proprio negozio, tanto la ragione si intuisce. Perché non è agosto. E se ci si ferma adesso è perché ci si imbatte, per un motivo o per un altro, nella “macchina” del tracciamento e della prevenzione. “Abbiamo dovuto rinunciare agli incassi a fronte di nessun ristoro”. Luca ha anche dovuto buttare via la frutta fresca che aveva ordinato ai suoi fornitori il giorno prima di chiudere: “Le perdite sono state importanti ma la voglia di ripartire ci fa andare avanti". 

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