Quando un artista mette in scena non solo la sua arte ma anche la sua vita spirituale siamo comunque di fronte ad un prodotto artistico di qualità.
Quando un film resta dentro e fa riflettere o lascia domande aperte anche dopo la sua visione, sicuramente la pellicola ha colto nel segno.
Paolo Genovese, presidente di Umbria Film Commission, è venuto l'altra sera a Terni per omaggiare l'Umbria, ma, anche la città, scelta, dopo Roma e Milano, per l'anteprima del suo ultimo film "Il primo giorno della mia vita" che da ieri, 26 gennaio, è in tutte sale. Un regalo prezioso, a cui sia le istituzioni sia la città hanno risposto riempiendo il cinema Politeama e seguendo la proiezione in silenzio. Con questo film Genovese è andato a scandagliare il territorio più privato e sconvolgente, quell'angolo della nostra mente in cui si apre l'abisso del suicidio. Tema difficilissimo da raccontare e anche pericoloso da affrontare per il rischio della spettacolarizzazione. Per questo, forse, il tempo del film è lento e i dialoghi sono scarni: ogni parola ha la giusta misura.
Il regista, a Terni, ha spiegato che il film parla di speranza, pur se da un punto di vista capovolto: «Attraverso la morte si parla della vita».
Difficile non leggere in questo film anche un dolore personale e la volontà di trovare un sollievo, la forza di andare comunque avanti quando succede che a certe domande non si trovi la risposta, quando non si riesce a salvare tutti e qualcuno decide per un'ultima caduta nel vuoto.
Per questo, forse, la proiezione del film è stata seguita in silenzio con Paolo Genovese che ha seguito la prima parte della sua ultima produzione seduto in prima fila, per poi lasciare la sala dopo un'ora e lasciare la sua opera definitivamente sola davanti al giudizio degli spettatori. E, soprattutto, lasciando gli spettatori a confrontarsi con le proprie emozioni. Un prezioso regalo che Terni ha saputo cogliere.
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