Gabriele Scorsolini, vent'anni, ha un glaucoma congenito bilaterale, e quindi una cecità totale. A Terni è molto conosciuto anche perché quattro anni fa tentò la scalata dell'Everest. La spedizione fu bloccata a metà strada per un virus intestinale che colpi all'improvviso il ragazzo. Ma Scorsolini, tutta grinta e voglia di vivere, non è solo un arrampicatore. Da qualche tempo si è dato anche al judo dove ha ottenuto buonissimi risultati. Nel 2019 si è laureato campione d'Italia di judo federazione sport paralimpici per ipovedenti e ciechi. L'anno scorso, invece, Gabriele fu al centro di un fatto di cronaca cittadina quando riuscì a mettere in fuga i ladri entrati in casa sua. I due malviventi lo presero anche a botte costringendolo a ricorrere ai sanitari dell'ospedale di Terni. Insomma, uno che non si arrende facilmente, che non si ferma al primo ostacolo. «Ma questa volta sono davvero amareggiato e scoraggiato» aggiunge Gabriele «le motivazioni che mi hanno fornito dalla Federazione non mi soddisfano. Sostengono, la voce è addirittura del Presidente Falcone, che è una questione medico legale, una forma di garanzia per tutti. A me, invece, sembra una grande ingiustizia. Volevo gareggiare e provare a raggiungere un obiettivo che ormai mi sono prefissato da tempo». Ma Gabriele, malgrado la delusione, ha parole di elogio per gli organizzatori della manifestazione di oggi di Judo. «Loro hanno fatto di tutto per farmi partecipare e farmi acquisire la cintura nera, 1° dan, e quindi mi sento di ringraziarli pubblicamente. La decisione di non farmi prendere parte all'evento è tutta della Federazione nazionale, ma io non mi arrendo conclude l'atleta ternano Io continuerò ad inseguire i miei sogni. Gli ostacoli sono abituato a superarli». Gabriele è un ragazzo di carattere. Ha affrontato nella vita problemi grandi e attraverso lo sport vuole sconfiggere la sua disabilità. Almeno provarci. «Proprio così. Lo sport per me è vita, ma a questo punto non mi viene permesso di far vedere quanto valgo. Anzi, non posso neanche tentare e questo, a mio avviso, è davvero discriminante». La palla ora passa al Coni e al Comitato paralimpico.
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