Terni, Anna perse gambe e braccia per un tumore che non c'era: l'aiuto di Bebe Vio e ora il processo

Fu operata per errore: dopo l'intervento fu colpita da una infezione che obbligò i medici ad amputarle gli arti

Anna Leonori e Bebe Vio
di Nicoletta Gigli
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Lunedì 27 Febbraio 2023, 23:56

TERNI - «Sono stata costretta a rivivere il mio calvario, a sottopormi a una visita di fronte ad una quindicina di periti. Tutto questo in attesa di avere giustizia per i danni che ho subito. La cosa che mi addolora è che l’ospedale di Terni, la mia città, in tutti questi anni non mi ha neppure chiamato a visita».

Anna Leonori, la mamma ternana costretta a subire l’amputazione di gambe e braccia per un’infezione legata ad un tumore che non c’era, è reduce dalla visita medica disposta dal tribunale civile nell’ambito dell’accertamento tecnico preventivo.

Il collegio peritale dovrà pronunciarsi sui danni patiti da Anna, che da un anno, grazie ai consigli della campionessa Bebe Vio, utilizza le protesi di nuova generazione.

Per il calvario che ad Anna ha portato a perdere gambe e braccia sono stati chiamati in causa l’ospedale “Santa Maria” di Terni, il Regina Elena di Roma e l’Ausl Romagna. Alle strutture che l’hanno avuta in cura, l’avvocata Francesca Abbati, inoltrò una richiesta di apertura di sinistro per il risarcimento del danno patito dalla donna, madre di due ragazzi di 13 e 17 anni.

Procedura che non ha avuto esito, al punto che Abbati e la collega, Simona Leonelli, sono state costrette a rivolgersi al tribunale civile.

«Le costosissime protesi acquistate grazie alle raccolte fondi di associazioni di volontariato e privati mi hanno cambiato la vita - dice Anna. So bene che non avrò mai più l’autonomia ma mi hanno restituito un minimo di dignità nella vita di tutti i giorni.

La quotidianità è fatta di tante cose, alcune non potrò farle mai più da sola, altre grazie alle protesi sì. Il problema è che si deteriorano e che sono garantite solo per due anni. Non è un capriccio la necessità di avere un risarcimento per quello che ho subito. Vivo ogni giorno con la preoccupazione che si possa rompere un pezzo, cosa che mi costringerebbe a tornare sulla sedia a rotelle».

Il calvario inizia nel 2014, quando ad Anna arriva la terribile diagnosi, quella di un tumore maligno che richiede un intervento invasivo. Lei si rivolge altrove, viene operata a Roma con l’asportazione di utero, ovaie, 40 linfonodi e della vescica, sostituita con una ortotopica. L’esame istologico dirà che non era un tumore. Da lì in poi, per 4 anni, infezioni, febbre, dolori lancinanti, ricoveri. Fino al 7 ottobre 2017, quando viene ricoverata in ospedale e operata per una “peritonite acuta generalizzata causata dalla perforazione della neo vescica” che gli è stata fatta dopo la diagnosi di tumore. Da lì un mese e mezzo di coma profondo in rianimazione, il trasferimento a Cesena e la cruda realtà che impone l’amputazione di gambe e braccia.

Anna ha in mente quello che Bebe Vio le disse nei momenti più bui: «Imparerai a spostarti da un posto all’altro e nelle valige avrai solo protesi. Farai una vita che si avvicina il più possibile alla normalità».

Lei, che affronta la vita con una forza incredibile «grazie ai figli, la mia colonna portante» aspetta solo giustizia.

«I periti concluderanno il loro lavoro a giugno. Non so come andrà a finire questa fase ma so con certezza che non si libereranno di me in alcun modo. Se sarà necessario affronterò anche il processo».

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