Terni, Anna Maria Mancini, investigatrice di razza, lascia la polizia dopo 37 anni: «Ho imparato che anche gli assassini vanno trattati con lealtà»

Il bilancio: «In questura la storia d’amore più lunga della mia vita»

Terni, Anna Maria Mancini, investigatrice di razza, lascia la polizia dopo 37 anni: «Ho imparato che anche gli assassini vanno trattati con lealtà»
di Nicoletta Gigli
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Giovedì 21 Settembre 2023, 23:59

TERNI - «E’ stato un amore a prima vista. Quella in polizia è la storia d’amore più lunga della mia vita, che è terminata solo perché non si poteva fare altrimenti».

Per Anna Maria Mancini, una vita passata tra gli uffici investigativi della squadra mobile e sulle strade con le Volanti, che poi ha diretto per tre anni e mezzo, per garantire la sicurezza della gente, è il momento dei bilanci e di ricordi che niente cancellerà.

In questura, all’epoca guidata dal primo questore donna, Anna Maria Niglio, dove lavorava anche suo padre, Antonio, arrivò nel 1987. Da allora tantissime indagini l’hanno vista al lavoro.

Con un occhio attento alla tutela delle donne vittime di violenza, dei minori in difficoltà.

«Mio padre mi aveva dipinto la questura come una grande famiglia ma l’impatto fu un po' più traumatico. Eravamo le primissime donne agenti e ci guardavano con sospetto.  In realtà con noi erano molto rigorosi - racconta Anna Maria - e anche le maternità furono complicate da gestire».

Il lavoro investigativo iniziò negli anni in cui la Mobile era guidata da Piero Angeloni e poi da Luca Sarcoli.  

«Gestivo le sezioni che si occupavano di reati contro le donne e i minori, si facevano molte misure, collaboravo con i pm, tutti molto seri e preparati, e avevo sempre qualcosa da imparare. Erano gli anni in cui si pose più attenzione al fenomeno del maltrattamento e delle violenze familiari. La mia preoccupazione era quella di fare tutto con la massima velocità quando capivo che c’erano seri rischi per le vittime. Tante storie me le portavo a casa, non riuscivo a non pensarci neppure di notte e mi chiedevo se avessi fatto davvero tutto quello che potevo con la maggiore velocità possibile».

Qualche volta la spinta per convincere a denunciare un compagno violento non fu colta dalla vittima e la vicenda finì nel sangue. L’omicidio della giovane dominicana di tanti anni fa fu preceduto da due denunce poi ritirate: «Ci parlai a lungo, fui molto dura con lei per convincerla ma continuava a difendere il compagno. Una brutta storia che raccontai ad altre donne indecise sul da farsi».

Fu della Mancini anche l’indagine lampo che consentì di rintracciare una giovanissima ternana scomparsa nel nulla con un blitz in una casa di Guidonia. La ragazza era stata sequestrata da quattro persone che volevano avviarla ad attività illecite con la promessa di facili guadagni: «Non dimenticherò mai la gioia della mamma quando la riportammo a casa» dice Anna Maria. Che rilegge le tante lettere scritte da chi ha arrestato o indagato in cui si sottolinea la sua umanità e il suo rispetto di chi era caduto in disgrazia: «Sono commoventi, per me rappresentano molto di più di un encomio. Sono la testimonianza che le persone vanno trattate con lealtà e soprattutto con rispetto, che va garantito a tutti, anche agli assassini».

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