Terni, l'allarme dei ristoratori: «I clienti sono già calati, una stretta ci metterebbe in ginocchio»

Terni, l'allarme dei ristoratori: «I clienti sono già calati, una stretta ci metterebbe in ginocchio»
di Aurora Provantini
3 Minuti di Lettura
Lunedì 5 Ottobre 2020, 05:45 - Ultimo aggiornamento: 22:26

TERNI “Il calo dei clienti si comincia a sentire”. Mirko Zitti, vice presidente di Fipe Umbria (Federazione italiana pubblici esercizi), segnala la tendenza ad evitare i ristoranti negli ultimi giorni. Dopo nove settimane di aumento costante dei contagi, il Governo annuncia che entro mercoledì adotterà nuove misure restrittive, se la curva dovesse continuare a crescere. La stretta riguarderebbe proprio bar, pub e ristoranti, che potrebbero dover chiudere alle dieci di sera, come qualcuno ipotizza. Per gli ultimi è possibile anche una riduzione del numero degli avventori.

“Intanto a Terni – dichiara Zitti, che è anche titolare di un pub in centro – vuoi perché il Covid sta circolando con maggiore prepotenza, vuoi perché il maltempo non permette di cenare all’aperto, le prenotazioni di tavoli diminuiscono e gli incassi con esse”. “Secondo le solite indiscrezioni che trapelano prima ancora della pubblicazione di ogni decreto ministeriale – polemizza Zitti - saremmo noi a rischiare la chiusura, prima di altre categorie, e il solo pensiero ci fa accarezzare l’idea di abbassare le saracinesche per sempre”.

“Dopo 77 giorni di lockdown – interviene Federico Bianchini, titolare del ristorante pizzeria Il Cicalino e del My Bar – è stato complicato riaprire, ma pensavamo che il peggio fosse passato. La ripartenza è stata lenta e solo nel mese di agosto abbiamo lavorato a pieno regime, come se la gente avesse voluto godersi l’estate a tutti i costi. I protocolli ci hanno permesso di rispettare le distanze di sicurezza e di tracciare le presenze. Nelle ultime due settimane però, abbiamo registrato un calo di prenotazioni significativo, come se i ternani avessero di nuovo paura ad uscire. Se poi è vero che il Governo limiterà l’orario di apertura dei locali, la gente non uscirebbe proprio più la sera”.

Già con il prolungamento dello smart working salta la pausa pranzo nelle tavole calde e nei bar. “Se verrà imposto un coprifuoco, ci si dovrà mettere a tavolino a fare due conti, per decidere se continuare a stare aperti o chiudere definitivamente”. Federico, come molti altri ristoratori, si era organizzato col il delivery durante il lockdown “non per fare cassa, quanto per offrire un servizio in più ai nostri clienti, perché solo con l’asporto un ristorante non sopravvive”- sottolinea.

“Siamo seriamente preoccupati – riprende Zitti – molti di noi hanno aperto perché potevano usufruire gratuitamente di spazi all’aperto. Con l’arrivo dell’inverno, l’esterno non potrà più essere utilizzato e i posti al chiuso si sono ridotti notevolmente. Non solo, ma le persone hanno qualche difficoltà a cenare all’interno di un ristorante”. Roberto Lombrardini, del Caffè Trento, ha riaperto due settimane dopo la data stabilita da Conte “per adattare il locale alle misure anti Covid”. “Purtroppo il contingentamento degli ingressi ci ha fatto perdere clienti nelle ore di punta, perché non tutti se la sentono di aspettare fuori, per un cappuccino. Il punto è che molte persone ancora entrano senza mascherina o si avvicinano troppo alle altre. Allora ti trovi a fare il vigile. Se tutti rispettassero i protocolli, non si ipotizzerebbero strette su bar e ristoranti”. Daniele Stellati, direttore di Confesercenti, richiama l’attenzione sulla capacità dei pubblici esercizi di offrire servizi in sicurezza. “Sono stati capaci di adeguarsi velocemente investendo cifre importanti e non dovranno essere loro a pagare. Se è vero che gli assembramenti vanno evitati è pur vero che nei ristoranti gli ingressi sono regolamentati”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA