Virus, l'infettivologo Menichetti: «Plasmaterapia, a breve la prova della sua efficacia»

Francesco Menichetti, Primario di Malattie Infettive all'ospedale di Pisa e docente universitario
di Vanna Ugolini
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Lunedì 11 Maggio 2020, 10:10 - Ultimo aggiornamento: 11:10

Francesco Menichetti, primario di Malattie Infettive all'ospedale di Pisa, uno dei responsabili del protocollo per la sperimentazione della plasmaterapia nel Centro Italia. Da oggi il protocollo sarà ottimizzato e ampliato a livello nazionale dall'Aifa anche se comunque si baserà sui risultati delle sperimentazioni fatte fino ad ora.

Professore, c'è moltissima attenzione sulla Plasmateria, cioè l'utilizzo del plasma per i convalescenti da Covid che hanno superato la malattia sui malati. I primi risultati sembrano incoraggianti. E' efficace?

«La terapia al plasma non è l'arma che sconfigge il Covid ma è una delle possibilità per curarlo. Oggi non ci sono nè terapie nè farmaci che hanno dimostrato di essere efficaci direttamente sul virus. L'utilizzo del plasma dei convalescenti potrebbe dimostrarsi utile come lo  è stato per l'ebola e la Sars ma dobbiamo ancora lavorare. Per essere certi che funzioni va fatta una sperimentazione che confronti chi riceve il plasma con un gruppo simile che non lo riceve e vedere i risultati. Se non hai la tecnica sperimentale del confronto dei trattati non hai nulla. L'esperienza del collega De Donno di Pavia, con cui lavoro, è interessante ma da sola non è la prova provata. Ci vuole uno studio che si chiama prospettivo randomizzato controllato. Ci stiamo arrivando».

C'è chi sostiene che la terapia al plasma abbia dei rischi. Si parla di trasmissione di infezioni. E' vero?
«Oggi i prodotti del sangue sono diventati molto sicuri. Il plasma è utilizzato correntemente e se tutti gli agenti patogeni vengono disattivati il rischio è quasi virtuale. Bisogna certamente fare attenzione alla compatibilità dei gruppi sanguigni».

Professore, lei sta fronteggiando il Covid dai primi giorni della pandemia.  Come valuta i risultati del lockdown?
«I numeri danno ragione al lockdown: sono calate le nuove infezioni, i ricoveri in terapia intensiva e i decessi anche se restano cifre molto alte: anche oggi è come se fosse caduto un aereo perchè i morti sono più di duecento».

Siamo stati chiusi in casa per due mesi, come mai si continua a morire?
«Stanno morendo persone tra gli anziani che sono nelle Rsa, tra quelli contagiati con l'isolamento domiciliare, tra i sanitari e i loro familiari. Siamo intorno ai 30mila morti, l'equivalente di una guerra».

L'isolamento domiciliare è stata un'arma a doppio taglio?
«L'isolamento domiciliare funziona se una persona ha le condizioni per restare completamente isolata dal resto della famiglia e se ha comportamenti responsabili. Altrimenti ci sono i rischi di contagio».

E' stata una pandemia sottovalutata da tutti.
«All'inizio c'è stata una grave sottovalutazione e in Lombardia sono stati travolti. Chi era meglio organizzato e aveva una buona sanità territoriale, come il Veneto, si è difeso meglio. In Europa ha fatto bene solo la Germania, più organizzata, con una buona sanità territoriale, posti letto in rianimazione e un senso di comunità che viene prima dei diritti del singolo».

Pensa che il virus sparirà col caldo?
«Nei paesi in cui ora è caldo la gente sta morendo ugualmente. Bisogna vedere cosa succederà alle nostre latitudini ma dipenderà soprattutto dai nostri comportamenti individuali».

Cosa sappiamo dell'immunità?
«Ancora troppo poco: la pandemia è esplosa poco più di quattro mesi fa. Quindi non sappiamo se l'immunità sarà duratura, come il virus del morbillo, o temporanea, come quella dei virus respiratori. Dobbiamo aspettare e continuare a studiare».
 

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