«Teatro Verdi: il nodo
è capire quale programmazione
e quale idea di città»

Eugenio Raspi, Marco Plini, Silvia Alunni, Francesco Camuffo
di Vanna Ugolini
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Giovedì 25 Luglio 2019, 22:14
Al forum che si è tenuto in reazione al Messaggero hanno partecipato Silvia Alunni, musicista Francesco Camuffo, storico, Marco Plini, regista ed Eugenio Raspi, scrittore.  

TERNI Fuori gli architetti dalle discussioni sul Verdi, almeno in questo momento, e dentro chi la cultura la fa e anche chi la cultura la consuma. Il punto di vista sul teatro durante il forum che si è svolto ieri al Messaggero cambia. E dopo mesi e mesi di scontri fra polettiani e non polettiani, di sfide all'ultima fila di poltroncine e di appelli dei critici di grido, qui e adesso, parliamo di altro. Che poi, forse, è il punto centrale. Quale cultura dentro il Verdi? Perchè si fa presto a dire intanto facciamolo e poi vedremo, che un teatro in una città ci vuole. Ma la politica dei contenitori non ha portato bene a questa città, nè per quanto riguarda la cultura nè per quanto riguarda la ricerca. Casa delle musiche, Papigno, Cmm, sono tutti contenitori che non hanno facilitato a Terni la presenza di contenuti e così è stato per l'università ternana, dove si sono spesi centinaia di migliaia di euro per le strutture che avrebbero dovuto ospitare i corsi di laurea, senza preoccuparsi che ci fossero gli iscritti. Dunque, siamo sicuri che anche il Verdi non sarà l'ennesima cattedrale nel deserto (e nella Conca)?
Insomma, cambiamo prospettiva, magari anche con qualche provocazione. Come quella che fa Marco Plini, regista di origini ternane ma ormai di fama internazionale (sua la regia della Turandot dell'opera di Pechino) che si fa una serie di domande: serve il teatro Verdi? Siamo sicuri che non basta il Secci? Sappiamo cosa desiderano veramente i ternani in tema di cultura?
E Francesco Camuffo, che è presidente dell'Arci ma che ieri era al Messaggero soprattutto come studioso (a breve sarà pubblicata la sua ricerca sui teatri a Terni), aggiunge un altro elemento: la cultura ha bisogno di terreno fertile per crescere. E, ad esempio, a Terni ci sono tante rassegne di musica classica molto frequentate perchè il Briccialdi è ancora un'istituzione che ha radici importanti sul territorio. Conferma Silvia Alunni, che con il suo Visioninmusica, riesce a portare a Terni autori internazionali e, soprattutto ogni tipo di musica. «Chi fa l'abbonamento alla nostra stagione - spiega Alunni - lo fa come un atto di fiducia perchè noi non proponiamo un solo genere ma un pacchetto di genere diversi, tutti di qualità». Alunni, che con Visioninmusica ha chiuso il teatro Verdi «è stato l'ultimo spettacolo fatto», sente la necessità di spazi in cui portare la musica a Terni, ma lavora anche su altri fronti, proprio per crearsi un pubblico, fronti molto larghi, che vanno dalle scuole, per abituare i ragazzi ad ascoltare musica d'autore ma anche l'apertura fuori regione e anche fuori Italia a chi ama questo tipo di musica.
Gli occhi dello scrittore Eugenio Raspi vedono anche altro, vedono la fragilità dei giovani e di una generazione che a Terni più che altrove, fatica a trovare la sua strada, anche perchè la fabbrica, in molti casi, non è più nè una scelta nè un destino ma solo un'ombra che impedisce bene di vedere cosa c'è davanti.
Ancora Plini: «Il teatro è un simbolo per la città perchè è il luogo in cui la città rappresenta se stessa e le sue contraddizioni, mette in scena i propri conflitti, il proprio futuro. Certo che è importante, ma è anche importante capire da cosa si parte: serve un'indagine sul consumo di cultura dei ternani».
E Camuffo vuole essere ancora più realista: «Il Verdi, nella gestioni Lucioli, ha funzionato più come cinema che come teatro, perchè la richiesta era più quella, il business era quello». E, ora, qual è la richiesta e qual il business?
«A Perugia, quando una cosa funziona, viene affiancata dalle istituzioni: pensiamo a Umbria jazz, a Eurocholate. Qui gli eventi sono in mano alle associazioni. Anche il pubblico è fazioso e, magari, va a vedere la rassegna di una associazione ma non quella di un'altra. Quando i finanziamenti pubblici finiscono o le associazioni si sciolgono non rimane niente». Così è successo con Terni in jazz, ad esempio. «Certo - ribatte Alunni - ma non ci si può basare solo su un unico rubinetto di finanziamenti. Bisogna essere dinamici e lavorare su più fronti». «Anche se - aggiunge Plini - il teatro sarà sempre in deficit ma se viene considerato necessario va fatto». E comunque il problema dell'architettura è marginale. «Gli architetti che hanno fatto il Piccolo di Milano - un teatro che funziona malissimo - sono gli stessi che hanno fatto il teatro di Bolzano che funziona perfettamente: se l'architetto non si confronta con chi progetta, i teatri non funzionano».
E, ancora: «I ternani vogliono veramente il Verdi? Perchè in altri luoghi la gente non ha permesso che la città stesse senza teatro tutto questo tempo. La forza di una amministrazione sta anche nella forza che gli danno i suoi cittadini». «Lo stesso discorso vale - aggiunge Raspi - per altre situazioni, dall'ospedale alle rassegne culturali. Come mai tutto si ferma a Spoleto? Terni non ha la forza di chiedere per sè?».
Un altro spunto, un'altra provocazione. Camuffo: «Il Cmm potrebbe essere uno straordinario teatro di posa, come il Fabbricone di Prato. Perchè è chiuso, perchè non si mette a norma? Anche quello potrebbe essere uno spazio in cui fare cultura».
«Ma poi, il Verdi va del tutto rifatto? Aveva dei problemi alla torre scenica, che forse si potevano risolvere con poco. Siamo sicuri che sia necessario ricominciare tutto da capo?». E Plini: «Lo rimpiangiamo davvero il Verdi com'era? Sotto la galleria l'acustica era pessima e c'erano problemi nella messa in scena». E dunque, sì, certamente, al teatro, ma apriamo anche gli altri luoghi della cultura. Andiamo a cercare dove si fa ancora cultura a Terni, ricominciamo a seminarla, la cultura, che poi è un po' come guardare in prospettiva la città.

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