Stress, Covid e burn out, in Umbria un medico su 3 è in crisi. E gli adolescenti scoprono l'autolesionismo

Stress, Covid e burn out, in Umbria un medico su 3 è in crisi. E gli adolescenti scoprono l'autolesionismo
di Egle Priolo
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Domenica 7 Maggio 2023, 09:03

PERUGIA - Professionisti della salute sotto stress e un giovane su tre con disagi che arrivano anche a disturbi alimentari. Non è positivo il quadro del benessere psicofisico, in Umbria come in tutta Italia, con problemi certamente acuiti dalla pandemia. Come stai? Così così, insomma, non è un refrain di conoscenti poco soddisfatti, ma una situazione raccontata dai numeri. Che diventati anche più preoccupanti se, appunto, l'oggetto sono medici e giovani.

In Umbria – secondo un sondaggio nazionale condotto da Fadoi, la Federazione dei medici internisti ospedalieri - un terzo dei medici internisti (36%) dichiara di essere in “burn-out”, cioè di avere un insieme di sintomi determinati da uno stato di stress permanente. E praticamente due su tre (il 64%) riferisce di aver pensato di licenziarsi nell'ultimo anno e di sentirsi emotivamente sfinito al termine di ogni giornata lavorativa. Il 55% rivela di essere frustato ed esaurito dal proprio lavoro e di lavorare troppo duramente, pur senza perdere la passione per la propria professione. Il 90% ritiene di affrontare efficacemente i problemi dei propri pazienti, di essere rallegrato dopo aver lavorato con i pazienti e di influenzare positivamente la vita di altre persone attraverso il proprio lavoro. Il 73% afferma anche di aver realizzato cose di valore con il proprio lavoro ma teme che con il tempo il suo lavoro possa indurirlo emotivamente. Il Covid? Ha inciso negativamente sulla vita di oltre la metà dei medici umbri: il 55 per cento. «Senza dubbio - commenta Marco Giuliani, presidente di Fadoi Umbria - a incidere negativamente sulla maggioranza dei medici umbri è stata la pandemia da Sars-Cov2. Quello che mi sento di sottolineare, a commento di quanto emerso da questo studio, è che probabilmente nella popolazione generale non si riesca ben a comprendere quanto disagio ci sia nel personale medico e quanto invece sia indispensabile l'appoggio e l'impegno di tutti per cercare di evitare il collasso del nostro Sistema sanitario nazionale».
Ugualmente preoccupante è la situazione di disagio in cui vivono bambini e adolescenti, con l'impatto notevole della pandemia sulla salute mentale e il benessere psicofisico dei soggetti appunto più vulnerabili: uno su tre ha problemi. Un dato emerso durante il convegno su “Disagio giovanile e adolescenziale dopo il Covid”, organizzato a Perugia dall'associazione Elisa83 Organizzazione di volontariato (Odv) con il patrocinio della Regione e in collaborazione con il Consiglio regionale dell’Ordine assistenti sociali (Oas) dell’Umbria.
«Il problema del disagio giovanile – ha detto il pediatra e vicesindaco Gianluca Tuteri – era già conosciuto tra gli addetti ai lavori, il Covid è stato solo un catalizzatore e non ha fatto altro che slatentizzare una questione già nota. Nel servizio di sostegno psicologico progetto ‘Ottavo Segno’ del Comune di Perugia abbiamo oltre mille pazienti attenzionati e il 30% di incidenza del disagio mentale giovanile, il che significa che un adolescente su tre soffre di disturbo mentale. Siamo noi adulti, medici, genitori, politici, a doverci prendere cura di loro».
«Il 2020, ma poi anche il 2021 fino al 2022 sono stati anni difficili per i preadolescenti e gli adolescenti – ha affermato Laura Dalla Ragione, psichiatra, direttore di Psichiatria e riabilitazione disturbi alimentari Usl Umbria 1 – che hanno risentito di più della pandemia in termini di isolamento sociale, esclusione dalla scuola e paura del futuro.

Sono aumentati i disturbi alimentari e sopraggiunti altri tipi di disturbi come attacchi di panico, depressione e autolesionismo». «Il Covid – ha concluso Paola Antonelli, neuropsichiatra infantile Ambulatorio Dca Umbertide e responsabile Siee Altotevere Usl Umbria 1 – ha fatto da detonatore e ha portato l’attenzione sul disagio e sulla salute mentale giovanile che sembra essere anch’essa un’epidemia. Oltre ad attivare sinergie tra scuola, servizi di salute mentale e servizi sociali credo che sia importante l’ascolto».

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