Stefania Parisi, Istess: «Contro baby gang e disagio una Terni con più occasioni per i giovani»

Stefania Parisi, Istess: «Contro baby gang e disagio una Terni con più occasioni per i giovani»
di Monica di Lecce
4 Minuti di Lettura
Sabato 24 Dicembre 2022, 00:27 - Ultimo aggiornamento: 00:28

Negli ultimi 22 anni il suo nome è legato all'Istess, l'Istituto di studi teologici e storico-sociali, ma lungo e qualificato sono il suo curriculum e l'impegno della vita pubblica. Tralasciando la pur importante esperienza politica, Stefania Parisi rappresenta sicuramente una voce autorevole nel mondo cattolico e dell'associazionismo.
Che cosa cancellerebbe di questo 2022?
«Cancellerei sicuramente la crudele aggressione della Russia all'Ucraina ma provo anche tanto dolore per la guerra in Siria di cui si parla poco e rispetto alla quale non si vedono spiragli».
Che cosa promuove invece di questo 2022?
«A livello locale ho apprezzato la maggiore vivacità e il maggior pluralismo nelle proposte degli eventi e della cultura, così come lo sforzo nella promozione a livello turistico della città anche se, a mio avviso, c'è poca cura dell'ordinario: poca attenzione rispetto a rifiuti, viabilità, vigilanza».
A livello sociale, che cosa la preoccupa di più nel Ternano?
«Sicuramente i giovani e il fenomeno delle baby gang. Purtroppo stiamo assistendo a una crescita del ricorso alla violenza. Un incitamento che viene anche dai messaggi che continuano ad arrivare ai ragazzi dai mass media, dalla cinematografia, dai social. La mancanza di una vigilanza che non è mai preventiva, non frena il fenomeno».
Perché nascono le baby gang?
«Secondo me due sono principalmente i fattori che incidono su questo fenomeno: la crisi della famiglia e la mancanza di iniziative di aggregazione. Le baby gang hanno dietro di sé contesti familiari catastrofici per cui i ragazzi in età adolescenziale e pre-adolescenziale si trovano ad affrontare situazioni di dolore e di nervosismo all'interno della famiglia, che li rendono insoddisfatti e annoiati. Davanti anche alla povertà di proposte per i giovani, le baby gang, al contrario, fanno gruppo e danno emozioni».
Qual è la via d'uscita?
«In primis bisogna prendere coscienza che siamo davanti a un'emergenza educativa. I ragazzi sono abbandonati a se stessi. Ci sono poche offerte per i giovani - penso per esempio a teatro, musica, laboratorio di scrittura creativa - e i ragazzi che ne usufruiscono sono una minoranza. Bisogna rompere questa situazione, creando maggiori spazi e iniziative che coinvolgano i ragazzi. I giovani hanno bisogno di stare in gruppo ed essere interessati. In questo contesto le associazioni e le istituzioni possono e devono fare la loro parte. Occorre una scossa, un cambio di mentalità e tutti siamo chiamati a un'azione di corresponsabilità. Si era iniziato qualche tempo fa, con una serie di incontri sulla tossicodipendenza, ad avvicinare e far parlare i giovani, ma poi questa iniziativa non ha avuto seguito. E invece i ragazzi vanno resi partecipi e seguiti».
Insieme ai giovani, uno dei suoi cavalli di battaglia è l'immigrazione
«All'Istess dieci anni fa abbiamo promosso una serie di convegni sull'immigrazione possibile. Ci siamo chiesti che come fare per risolvere il problema. A tutt'oggi non è cambiato nulla: non si riescono ancora a prevedere flussi normali di immigrazione e a chiudere i lager libici».
Che cosa di aspetta dal 2023?

«Non vedo un bel futuro all'orizzonte. Le guerre in corso mi angosciano molto e mi preoccupano ma, da cristiana, nutro la speranza che finiscano, che si ponga termine allo strazio in Ucraina, che i tribunali internazionali puniscano l'aggressore e che finisca anche la guerra in Siria. Mi auguro che si migliori la questione dei flussi migratori, che si organizzino corridoi umanitari civili. Il 2023 sarà per Terni anche l'anno delle elezioni comunali. A prescindere da chi scenderà in campo, auspico che la città sia amministrata da persone preparate».
Il 2023 sarà l'anno delle donne?
«Potrebbe essere l'anno delle donne perché c'è una maggiore disponibilità ad accogliere e integrare. Ma le donne devono imporsi perché competenti e preparate, non in quanto appartenenti al genere femminile. In questo senso, sono sempre stata contraria alle quote rosa, o tutto quello di simile. Si tratta di Iniziative che sembrano riequilibrare ma in realtà sanciscono una forma di protezione e di tutela. Essere donna non è un handicap da tutelare o una corsia preferenziale»-
© RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA