Sparò ad un carabiniere «Deve andare in comunità»

Sparò ad un carabiniere «Deve andare in comunità»
di Nicoletta Gigli
2 Minuti di Lettura
Mercoledì 14 Agosto 2019, 18:32
Miguel Rivas doveva essere curato. Lo testimoniano i referti del ricovero ospedaliero e quelli del Sert abruzzese che lo aveva in carico. Lui, che in una torrida mattina di luglio ha aperto il fuoco ferendo il carabiniere, Mario Palleschi, e provocando lesioni ai poliziotti che tentavano di tenerlo a bada, è ancora in cella a Sabbione con le accuse di tentato omicidio, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali nei confronti dei sei uomini in divisa rimasti feriti durante il far west in via Curio Dentato. Il suo legale, Gianluca Muzi, ha messo insieme tutte le carte che ricostruiscono la sua storia clinica e che ora sono fondamentali per il ricorso che nelle prossime ore sarà depositato sul tavolo del gip, Margherita Amodeo. «Chiederò una misura alternativa, il mio assistito ha il diritto di scontare i domiciliari in una comunità terapeutica e di essere valutato per accertare le sue condizioni psichiche dice l'avvocato Muzi. Le carte messe insieme dal legale testimoniano che il dominicano, in possesso della cittadinanza italiana e in regola con i documenti, ha alle spalle una storia di tossicodipendenza lunga 10 anni. Una storia di dipendenza certificata da una diagnosi di disturbo psicotico da trattare necessariamente con terapia a base farmacologica e con psico-terapia da svolgere presso strutture specializzate». La sera prima della sparatoria andata in scena in via Curio Dentato, a casa di Miguel era arrivata l'ambulanza del 118. A chiedere l'intervento sanitario era stata la compagna, terrorizzata per i suoi atteggiamenti fuori controllo. L'ambulanza però se ne andrà via perché lui rifiuterà qualsiasi tipo di cura. Quella notte la compagna del dominicano l'ha passata con il figlio in tenera età dentro una camera chiusa a chiave. La mattina seguente lui perderà il controllo solo perché una pattuglia della Volante gli chiede i documenti. In quei 15 minuti di terrore il dominicano si impossessa della pistola di un poliziotto e spara 5 colpi, ferendo il carabiniere ai piedi. Ed è un miracolo se il far west non lascerà esiti drammatici visto che quella pistola aveva in canna altri dieci colpi. «E' ancora da chiarire come quella pistola sia finita in mano a lui ed è una fortuna che siano riusciti a togliergliela in tempo» si limita a dire il suo legale. La certezza è che quell'arma, caduta sull'asfalto mentre sei uomini delle forze dell'ordine tentavano di bloccare la furia di un malato psichiatrico imbottito di un mix di cocaina, anfetamine e cannabinoidi, è stata impugnata da Miguel con l'unica mano libera. Un miracolo che quei cinque colpi sparati a caso non abbiano provocato una strage.
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA