«Sono un giovane umbro, sono italiano e sono nero». Paolo Maurizio Talanti scrive a Mediaworld perché si è sentito discriminato e l'ad lo incontra

«Sono un giovane umbro, sono italiano e sono nero». Paolo Maurizio Talanti scrive a Mediaworld perché si è sentito discriminato e l'ad lo incontra
di M.R.
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Domenica 23 Gennaio 2022, 15:16

Si è sentito discriminato e lo ha messo nero su bianco, in una lettera aperta che ha indirizzato ai vertici di Mediaworld, il colosso italiano nome forte della tecnologia consumer. Paolo Maurizio Talanti, orvietano, 34 anni, manager di successo, già consigliere comunale nella amministrazione Germani, si trovava nel punto vendita MediaWorld di Collestrada, domenica 17 gennaio, era lì per acquistare un notebook e ha notato nei propri confronti una certa diffidenza da parte degli addetti alle vendita.

Così, ha deciso di scrivere e inviare una lettera all'azienda che ha risposto con una richiesta di incontro con l'ad italiano del gruppo. 

«Spettabile Azienda Mediaworld, con la presente sono a condividere e raccontare l’increscioso episodio accadutomi presso il vostro punto di vendita di Perugia, all’interno del Centro Commerciale di Perugia Collestrada. Mi chiamo Paolo Maurizio Talanti e sono tante cose, sono già stato Consigliere Comunale presso il comune di Orvieto, sono membro della Segreteria Regionale del Partito Democratico, sono un giovane umbro, sono Italiano e sono nero. Vi chiederete perchè decido oggi di raccontarvi di me, vi direte che probabilmente queste informazioni sono irrilevanti rispetto alla natura della vostra impresa aziendale, penserete che questi dettagli sulla mia vita personale sono superflui per chi decide di visitare un vostro negozio.

Lo pensavo anche io.

Ma probabilmente mentre le informazioni relative al mio impegno pubblico, alle mie soddisfazioni personali, alle tante collaborazioni importanti che nel mio attivismo risultano essere qualcosa da soprassedere, non risulta invece un dato secondario il colore della mia pelle.

Come dicevo prima, io sono un Italiano, sono un Italiano nero, sono il felice testimone di un’esperienza di adozione che racconta di quanto amore ci sia in molte famiglie.

Un amore che mi ha cresciuto e che mi ha insegnato ad essere fiero e sicuro di chi sono. Paolo Maurizio Talanti, un giovane uomo nato in Colombia orgoglioso di portare il nome del proprio nonno sardo, del proprio padre orvietano ed il cognome di una famiglia che in un secolo ha saputo trovare la redenzione dallo sfruttamento delle campagne a quello della professione qualificata.

Ed invece ieri, presso il vostro punto vendita di Collestrada, la mia stessa esistenza è stata messa in discussione soltanto perchè dietro le due mascherine indossate gli occhi dei vostri dipendenti hanno incontrato un incarnato nero.

Non è possibile, è inaccettabile ed è vergognoso che avvicinandosi alla sezione dei notebook ci si senta domandare se si ha il permesso di soggiorno e non perché quel documento sia uno stigma o perchè l’esperienza della migrazione sia qualcosa di cui vergognarsi perchè quella domanda, così mal posta, dimostra il pregiudizio con cui si guardano ai corpi neri e razzializzati se non in questo Paese all’interno del perimetro aziendale.

E se l’episodio poteva essere qualcosa che avrei potuto ignorare, quello che è seguito è stato ancor di più spiacevole.

Perchè deciso di comprare un secondo notebook mac scelgo di prendere il secondo attraverso finanziamento.

Dopo aver aspettato almeno 35 minuti in fila appena mi siedo, nonostante io abbia da subito espresso di avere la cittadinanza italiana, mi viene ripetutamente detto che nel caso in cui non abbia la cittadinanza Italianami serve copia del permesso di soggiorno.

Preparo quindi i documenti utili per la pratica: Patente (valido documento di riconoscimento), codice fiscale, busta paga, copia digitale del documento d’identità, stima bolletta ed ho espresso anche di poter fornire copia dell’atto di proprietà dell’immobile ad uso residenziale recentemente acquistato.

A quel punto, invece di dirmi che serve necessariamente ed obbligatoriamente la carta d’identità fisica per procedere con la pratica mi viene detto che la necessarietà della carta d’identità fisica è dovuta al bisogno dell’operatrice del punto finanziamenti di dover verificare la mia “presunta” cittadinanza che in qualche modo avrei potuto falsificare con la copia digitale.

A questo punto mi chiedo. E’ comunemente prassi per il gruppo Mediaworld mettere in discussione e far riferimento alla cittadinanza dei soggetti che varcano le porte dei propri punti vendita? E’ pratica comune per il gruppo mediawolrd alludere che un documento d’identità potrebbe essere stato falsificato per imbrogliare rispetto all’istituto della cittadinanza?
Oppure questo è un trattamento esclusivo ricevuto da me, in quanto uomo nero all’interno del vostro negozio.

Mi piacerebbe avere una risposta esaustiva a queste domande senza che si ricada sulla responsabilità della forza lavoro.
Avete la responsabilità voi, come gruppo, di farvi carico della formazione e della sensibilizzazione dei vostri dipendenti perchè, e lasciatevelo dire da chi più modestamente si occupa di vendite, l’esperienza del consumatore sia sempre positiva anche quando per un motivo o per l’altro l’acquisto non può andare a buon fine.

Vedete… la mia rimostranza non serve a me, che ho una famiglia straordinaria, ho una rete di relazioni umane incredibili che ha sempre saputo riconoscere la mia appartenenza a questo Paese che io chiamo, sento e secondo la legge ho il diritto di chiamare casa, ma lo faccio per i tanti soggetti razializzati ormai sfiniti per la continua mortificazione relativa al proprio background culturale e al colore della propria pelle.

Mi auguro approfitterete di questa bella giornata di sole per vergognarvi.»

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