La forza del Signorelli, il critico Santaniello:«Con gli affreschi nel duomo di Orvieto stregò anche Freud»

Lo psicanalista Sigmund Freud resta letteralmente folgorato dal Giudizio Universale del genio del Rinascimento

La forza del Signorelli, il critico Santaniello:«Con gli affreschi nel duomo di Orvieto stregò anche Freud»
di Aurora Provantini
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Martedì 2 Maggio 2023, 13:23 - Ultimo aggiornamento: 13:25

ORVIETO -  Angeli, demoni, rovine, terremoti, fuochi, miracoli d’anticristo, “ignudi” e quelle figure col terrore in volto per quello che sarà l’estremo giorno, che «furono sommamente lodate da Michelangelo». Ne “Le vite de più eccellenti pittori, scultori, e architettori” pubblicate nel 1550, Giorgio Vasari indica «le opere più notabili». Tra le prime mette “Il Giudizio Universale” di Luca Signorelli. Perciò non c’è da stupirsi se l’affresco nella cappella di san Brizio a Orvieto fu d’ispirazione a Michelangelo o se riuscì a sconvolgere persino Sigmund Freud. E’ il critico d’arte Francesco Santaniello a ricordare l’effetto che l’affresco nel duomo di Orvieto ebbe sul padre della psicanalisi, nell'anno in cui Orvieto celebra il cinquecentenario della morte del pittore: «Rimase letteralmente folgorato».
«Le sue figure possenti - segnala Santaniello - caratterizzate da una particolareggiata descrizione anatomica e da una marcata espressività, declinata in un serrato ritmo narrativo, continuano a stupire come devono aver stupito i suoi contemporanei e più tardi Freud. Non foss’altro perché rappresentano l’eternità di sentimenti e di emozioni». Nelle scene dei dannati, il pittore scompagina un vasto campionario di figure umane nude rappresentate in arditi e virtuosistici movimenti, capaci di esprimere differenti stati d’animo compresi tra gli estremi della beatitudine e della dannazione.
«Chiamato a terminare l'impresa iniziata da Beato Angelico, ad Orvieto Luca Signorelli avvia una nuova stagione dell'arte: lui è una figura cardine del Rinascimento poiché propone un superamento dei rigidi schemi del 400 (basta confrontare le sue scene con le schiere angeliche raffigurate da Beato Angelico nelle vele della cappella, ndr). Non solo, Signorelli ha anticipato addirittura alcuni degli stilemitipici del Manierismo – evidenzia Santaniello - per il virtuosismo dimostrato nella descrizione delle pose e dei movimenti delle figure, ma anche per l’uso di colori dalle tonalità acide giustapposte (nel caso dei diavoli, ndr). Sempre Vasari, scrive: “Col fondamento del disegno e delli ignudi particolarmente e con la grazia della invenzione e disposizione delle istorie Signorelli aperse alla maggior parte delli artefici la via all’ultima perfezione dell’arte, alla quale poi poterono dar cima quelli che seguirono, de’ quali noi ragioneremo per innanzi”». Per Santaniello è importante sottolineare che Michelangelo non solo ammirava Signorelli ma ne fu ispirato quando dipinse il Giudizio Universale della Cappella Sistina, luogo dove lo stesso Signorelli aveva lavorato qualche decennio prima, al tempo di Sisto IV, affrescando (in collaborazione con Bartolomeo della Gatta) “Il Testamento e morte di Mosè”.

Quando poi nel 1897 Sigmund Freud giunse a Orvieto durante il suo primo viaggio in Italia, successe un fatto straordinario. Alla vista del Giudizio Universale di Signorelli rimase talmente colpito da definirlo «la cosa più fantastica che abbia mai visto». In un suo saggio pubblicato l’anno seguente - Il Meccanismo Fisico della Smemoratezza - rivelava come per lungo tempo non riuscì a ricordare il nome dell’autore degli affreschi orvietani. Ma i dettagli sì. «Fu oggetto di studio il fatto che Freud potesse rievocare le immagini impresse nella memoria con grande suggestione descrivendone accuratamente ogni particolare, senza che gli affiorasse nella memoria l’autore dell’opera. La vicenda divenne un tema centrale nella ricerca psicanalitica di Freud e il fenome prese il nome di Paraprassi di Signorelli».
Signorelli entra quindi anche nei libri di psicanalisi. Ancora oggi, a cinquecento anni dalla morte del grande maestro del Rinascimento, chi varca la soglia della cappella Nova vede spalancarsi quella visione apocalittica capace di “sconvolgere anima e copro". Un’opera che consacra la fama di Luca Signorelli a tal punto da legarlo indissolubilmente all’Umbria. Per lungo tempo, infatti, anche la critica lo credette nativo di Orvieto. «Di certo l’equivoco poteva essere giustificato dall’intensa attività nell’Alta Valle dei Tevere – commenta sempre Santaniello - che confina con la sua Cortona, dove con tutta probabilità, già nel 1474, si trovava impegnato nell’esecuzione di alcuni affreschi nella Torre del Vescovo di Città di Castello. Fu però solo dopo la gloriosa esperienza nella Cappella Sistina (1482) e nel cantiere della basilica di Santa Maria a Loreto (1483-1485 circa) che Signorelli tornò sovente a lavorare in Umbria, dove gli vennero affidate numerose commissioni a partire dall’ultimo quindicennio del Quattrocento: oltre a Perugia, dove nel 1484 eseguì la stupefacente Pala di Sant’Onofrio, si trovano testimonianze del suo passaggio nei comuni di Città di Castello, Umbertide, Citerna, Monte Santa Maria Tiberina e Montone». Ma è la città della rupe a custodire il capolavoro più grande di Signorelli. Quello che sconvolse la mente di Freud e turbò l’animo di Michelangelo.
 

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