«Mandami le tue foto osè o ti inserisco nei siti porno». A Perugia ragazzina incastra il suo aguzzino

«Mandami le tue foto osè o ti inserisco nei siti porno». A Perugia ragazzina incastra il suo aguzzino
di Michele Milletti
2 Minuti di Lettura
Martedì 6 Giugno 2023, 07:05 - Ultimo aggiornamento: 08:49
PERUGIA - «Mandami qualche foto». La richiesta buttata là quasi a caso. Un amo lanciato per vedere se dall’altra parte si abbocca. Perché purtroppo sempre più spesso finisce così. Con un uomo che chiede foto osè a una ragazzina dopo averla “agganciata” in qualche chat, esserci entrato in contatto, magari aver esercitato il fascino dell’uomo più grande, e poi tra una parola e l’altra voler arrivare al vero scopo. Quello di foto e video intimi.
Ma stavolta però il predatore è diventato preda. E alla fine viene condannato. Perché dall’altra parte della chat, la minore perugina non ci ha pensato due volte a correre a denunciarlo appena lui le ha palesato le sue reali intenzioni. 
Una denuncia che non è stata cosa semplice, perché lui ha pure provato a costringerla minacciandola di modificare le sue foto pubbliche e disponibili sui social per farle girare su un sito porno.
L’INDAGINE 
La ragazzina non si è fatta intimidire. Non ha ceduto alle richieste prima e alle minacce poi, ha chiuso la chat ed è corsa a sporgere denuncia. 
«L’imputato aveva contattato su una chat online la vittima, minore, chiedendole di inviarle foto e video in atteggiamenti intimi e di volerla incontrare e quando la ragazza si era rifiutata egli l’aveva minacciata di procurarsi delle foto da manipolare dal suo profilo facebook al fine di pubblicarle su siti porno» ricostruisce la Corte d’appello.
«Tuttavia - si legge ancora nella sentenza depositata lo scorso ventidue maggio - la vittima non aveva ceduto alle minacce non intendendo assecondare i propositi più o meno osceni dell’autore del reato ed aveva sporto denuncia-querela consentendo così alla polizia giudiziaria, a seguito di accertamenti, di ricondurre l’account alla persona dell’imputato».
LA CONDANNA 
Denuncia e indagine che si è trasformata in processo, con l’uomo che è stato condannato. Fa sapere la Corte d’appello, attraverso il proprio notiziario penale, come però il reato debba essere considerato quello di violenza privata. 
«Risponde del delitto di violenza privata e non di violenza sessuale - scrivono i giudici di secondo grado - l’imputato che costringa la vittima ad inviargli foto e video in atteggiamenti intimi, senza tuttavia che vi sia alcun contatto fisico, rimanendo peraltro la fattispecie concreta allo stadio del tentativo perché la persona offesa non aveva ceduto alle minacce del primo di procurarsi alcune immagini intime della stessa e di pubblicarle su siti porno a sua insaputa, se ella non avesse ceduto alle richieste di lui di volerla incontrare». 
© RIPRODUZIONE RISERVATA