Perugia, resta paralizzata dopo un'operazione: noto neurochirurgo condannato a risarcire 500mila euro

Perugia, resta paralizzata dopo un'operazione: noto neurochirurgo condannato a risarcire 500mila euro
di Egle Priolo
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Mercoledì 30 Novembre 2022, 07:00

PERUGIA - Entra in sala operatoria per un'ernia e ne esce paralizzata. È il 2013, l'errore che le rovina la vita le vale un risarcimento da oltre un milione e centomila euro, pagato in parte da una compagnia assicuratrice e il resto (la franchigia) dalla Regione. E adesso nelle casse regionali devono rientrare 533mila euro. A pagare sarà il medico che l'ha operata: lo ha stabilito in tredici pagine di sentenza la Corte dei conti che ha condannato Corrado Filippo Castrioto a rimborsare palazzo Donini, con tanto di rivalutazione monetaria dal 2015 a oggi e interessi legali maturati.

Il procedimento penale nei confronti del neurochirurgo è prescritto e la sua difesa, con l'avvocato Franco Libori, ha portato davanti alla magistratura contabile tutti i motivi a sostegno di un'assoluzione. Come riassunto nella sentenza a firma del presidente Piero Floreani, la paziente è stata operata nel luglio 2013 e ha riportato «lesioni personali gravissime consistite – secondo la diagnosi alla dimissione – in tetraplegia incompleta C6 (Ais C) a seguito di intervento per ernia discale... e impianto di protesi discale... L'obiettività clinica e le conclusioni, con particolare riferimento alla responsabilità degli operatori neurochirurgici, hanno trovato conferma nel parere reso dal medico legale della compagnia assicuratrice». Da qui la liquidazione milionaria, con la Regione costretta a pagare la franchigia: un danno per le casse pubbliche che la Corte dei conti imputa adesso al professionista. Che, con l'avvocato Libori, non solo alla prescrizione dell'azione, ma soprattutto «l'insussistenza di una condotta colposa a suo carico. Il convenuto, in particolare, deduce che il danno midollare è scaturito da un cedimento del tessuto osseo dei corpi vertebrali, imprevedibile ed inaspettato, tenuto conto dell'obesità della paziente», chiedendo quindi il rigetto della domanda da parte della procura contabile che chiedeva una condanna a 800mila euro.
Ma la tesi difensiva in aula, ricostruisce ancora la sentenza, è stata smontata dal pubblico ministero, convinto che il neurochirurgo «non ha tenuto in considerazione tale circostanza (il danno da cedimento, ndr) e che in tutte le consulenze medico legali è emersa la netta responsabilità per imperizia del convenuto». La procura, inoltre, «nel richiamare le deduzioni del convenuto in relazione ad un eventuale difetto di funzionamento dello strumento utilizzato per l'operazione, ha affermato l'irrilevanza di tale assunto, atteso il dovere di controllo specifico del buon funzionamento della strumentazione da parte del chirurgo operatore», oltre alla carenza di un consenso informato della paziente. A nulla è valso all'avvocato Libori sostenere con forza come la «vicenda è stata causata dalla fragilità ossea imprevista e imprevedibile della paziente, che la tac e la risonanza magnetica effettuate prima dell'operazione avrebbero dovuto segnalare», richiamando sul punto diversi studi scientifici.
La Corte dei conti, infatti, sull'accertamento di responsabilità amministrativa correlata al danno indiretto subito dalla Regione (per effetto del risarcimento del danno liquidato al terzo) ha infatti dato ragione alla procura, seppur tagliando di parecchio la richiesta di condanna iniziale. «Dalla documentazione e soprattutto dalle consulenze medico legali – si legge nella sentenza -, emerge in modo chiaro la netta responsabilità per imperizia del convenuto, il quale ha determinato, con colpa grave, il danno erariale».

Da qui la pesante condanna.

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