Terni, processo di palazzo Spada: tutti assolti
L'ex sindaco Di Girolamo: «Ci è stato restituito l'onore»

Terni, processo di palazzo Spada: tutti assolti L'ex sindaco Di Girolamo: «Ci è stato restituito l'onore»
di Nicoletta Gigli e Vanna Ugolini
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Giovedì 15 Ottobre 2020, 13:02 - Ultimo aggiornamento: 16:48

TERNI Tutti assolti gli imputati del processo Spada nel quale erano stati rinviati a giudizio l'ex sindaco Leopoldo di Girolamo e alcuni componenti della sua giunta.

Si chiude così una vicenda giudizia e politica che ha segnato profondamente la storia di Terni.

La sentenza è stata letta pochi minuti fa di fronte ai legali degli imputati.

Le richiese del pm e gli imputati. Gli imputati in tutto erano venti. L'accusa aveva chiesto due anni e un mese di reclusione ciascuno per l’ex sindaco, Leopoldo Di Girolamo e l’ex assessore, Stefano Bucari. 

La pena più alta, a due anni e quattro mesi, è quella chiesta dal pm per l’ex dirigente di palazzo Spada, Renato Pierdonati. Un anno per Carlo Andreucci, della cooperativa Alis, mentre per gli altri 16 imputati, gli ex assessori Francesca Malafoglia, Emilio Giacchetti, Libero Paci, Luigi Bencivenga, Roberto Fabrini, Sandro Piermatti, Silvano Ricci, Renato Bartolini, Marco Malatesta, Daniela Tedeschi, Simone Guerra, Giorgio Armillei, Francesco Andreani e Cristhia Falchetti Ballerani, per il dirigente, Luciano Sdogati e il funzionario Federico Nannurelli, erano state chieste pene dai 6 agli 8 mesi di reclusione. 

Le accuse.

I venti imputati erano accusati a vario titolo di turbata libertà degli incanti in relazione agli appalti alle coop sociali per il verde pubblico, i cimiteri comunali e la gestione della Cascata delle Marmore emersa il 17 novembre 2016 dopo una raffica di perquisizioni. Un’indagine che a maggio 2017 porterà ai domiciliari l’ex sindaco, Leopoldo Di Girolamo, e l’ex assessore, Stefano Bucari.  

Per l’accusa, lo spacchettamento e la divisione in lotti decisi dalla giunta aveva lo scopo di favorire le stesse coop sociali eludendo l'appalto europeo. Il Comune che si era costituito parte civile alrocesso, ha chiesto 200 mila euro come risarcimento per il danno d’immagine e patrimoniale.  

Il giudice del tribunale di Terni ha ritenuto di dover assolvere tutti gli imputati.

Le reazioni. «Sono una persona serena proprio per sua natura ma queste accuse ci hanno lacerato e logorato e quindi dal punto di vista nostro personale ci è stato ridato l'onore. Poi faremo valutazioni approfondire. Provo quindi sollievo e soddisfazione», ha detto l'ex sindaco di Terni Leopoldo Di Girolamo commentando la sentenza di assoluzione. «Quello che mi pesava di più era la macchia sulla mia persona, era pesante, per uno come me che aveva impostato la sua vita con rigore, venire colpito proprio nell'etica: un conto è l'errore politico, le cose negative che puoi fare, i tuoi limiri: sono critiche che ci stanno. Con questo processo siamo stati colpiti proprio al cuore. Per uno come me che ha impostato il servizio pubblico sul criterio di onestà, correttezza e moralità è stata dura. E colpendo la figura del sindaco era stato colpito il centro sinistra: un colpo che ancora oggi non riusciamo a recuperare. Il sindaco è una figura simbolica: sentivo questa responsabilità in maniera molto forte, mi sono sentito responsabile anche per tanti giovani che hanno cominciato la loro attività politica in questo periodo. D'altra parte gli ultimi due sindaci del pd a Terni sono stati segnati dalle vicende giudiziarie. La carriera di Paolo (Raffaelli ndr), a cui mi lega una forte amicizia, è stata legata alla vicenda del distrastro ambientale, che poi si è dimostrato non avesse consistenza. Allora, però, il partito aveva una sua forza e una sua organizzazione e ha reagito. A me la vicenda giudiziaria è arrivata in un momento diverso, in una fase complicata ed è stato un colpo forte. Ora si è messo un punto, anche se bisognerà leggere le motivazioni della sentenza per capire meglio»

Federico Nannurelli, uno dei funzionari del Comune più in prima linea, che sta gestendo in questi mesi anche il Coc, il Centro che affronta le procedure da mettere in atto per la pandemia: «Sono soddisfatto, sono stati cinque anni da incubo. Come dipendente pubblico, sono sempre in prima linea ed è stato pesante. Questa situazione ci ha coinvolto a livello personale e professionale è stata una parentesi molto oscura della mia vita. Non avrei mai pensato di andare sul banco degli imputati. Questo significa che, aldilà, di tutto, bisogna avere fiducia. Ma ho vissuto momenti brutto. Il più brutto, probabilmente, è stato quando per strada mi hanno urlato che ero un ladro e stavo insieme a mia figlia. Ma, alla fine, sono andato avanti, ho fatto il mio lavoro, e ho continuato a farlo anche con il cambio dell'amministrazione».

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