Omicidio Meredith, Sollecito: «Datemi una vita normale. Sono qui ad ascoltare ancora bugie»
I Ris: «Sul coltello Amanda al 100 per cento»

Omicidio Meredith, Sollecito: «Datemi una vita normale. Sono qui ad ascoltare ancora bugie» I Ris: «Sul coltello Amanda al 100 per cento»
di Italo Carmignani e Egle Priolo
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Mercoledì 6 Novembre 2013, 09:44 - Ultimo aggiornamento: 7 Novembre, 16:41
FIRENZE - Raffaele Sollecito chiede una vita normale. Amanda? Il mio primo amore. Queste le dichiarazioni spontanee durante la terza udienza del processo d'appello a carico suo e di Amanda Knox per l'omicidio di Meredith Kercher.



Oggi nell'aula 32 del tribunale di Firenze la terza udienza del secondo processo d'appello ai due ex fidanzatini: la sentenza è attesa per il 10 gennaio.

In apertura, l'avvocato Giulia Bongiorno ha anticipato la scelta del suo assistito di fare «dichiarazioni spontanee in aula».

Dichiarazioni precedute dalla testimonianza del maggiore Andrea Berti e del capitano Filippo Barni della sezione biologia dei Ris di Roma sull'incarico conferito dalla Corte d'assise d'appello, presieduta da Alessandro Nencini, sull'attribuzione della traccia "I" trovata sul coltello considerato dall'accusa l'arma del delitto. «Concordanza del 100 per cento»: così il maggiore Berti ha spiegato che la traccia di dna sul coltello è di Amanda Knox, come anticipato nei giorni scorsi.



«Grazie per la disponibilità. Sono Raffaele Sollecito, prima di me arriva il mio nome trattato dai media, con commenti e descrizioni. Sono qui perché sto cercando di farmi conoscere da voi in questo breve tempo. Sono orgoglioso di esserere cresciuto in una famiglia italiana per bene, educato con i valori di onestà e educazione. Sono orgogioso di avere una famiglia che non ha mai avuto problemi con la giustizia. Sono orgoglioso di esserne membro, perché sono sempre stato una persona onesta e ho sempre dato tutto me stesso per ringraziare chi ha speso fiducia e risorse per darmi un'educazione e una vita dignitosa. Ora sono davanti a voi, dopo una lunga storia di processi, durante i quali sono stato descritto come un assassino spietato: io non sono niente di tutto questo. A Perugia studiavo, ero vicino alla laurea in informatica, nel frattempo ho conosciuto Amanda il mio primo vero amore. Tra noi è sbocciato questo fiore. A 20 anni c'era tutto nella nostra mente tranne la visione distorta che c'è in chi ci accusa. Io e Amanda vivevamo gli albori di una storia molto spensierata, volevamo vivere la nostra favola: mi dispiace... E mi colpevolizzo nel non aver preso questa situazione sul serio dall'inizio: ma ero un ragazzo di vent'anni, con una vita normale e tranquilla. Non mi piaceva neanche andare alle feste, non mi piace l'alcol, ma aver fumato qualche spinello non cambia quello che sono. Non porta una persona a cambiare il suo vero essere. In quel periodo tutto ci passava per la testa tranne essere spietati e incuranti della vita umana. Non è ragionevole accusarmi: io sono stato gettato in carcere, in isolamento per sei mesi e poi in un carcere di massima sicurezza. Esperienza che non auguro a nessuna persona al mondo. Tutta la mia vita di prima ora non c'è più. Sto battagliando ogni giorno per portare avanti la verità su questa vicenda. Sono stato arrestato per un'impronta di scarpa impressa nel sangue e attribuita a me: per otto mesi hanno portato avanti questa accusa, poi sbugiardata da un'altra perizia più precisa. Poi sono stato accusato per un coltellino a serramanico: anche quella un'altra immaginazione, sbugiardata. È stato un incubo che va oltre ogni immaginazione. Sbugiardati anche i testimoni portati da chi mi accusa: io non ho mai neanche conosciuto Rudy Guede e gli altri sono testimoni sono risultati essere dei mitomani. Così le prove, così i testimoni: elementi cambiati in questi anni. E dopo sei anni sento ancora queste cose ridicole: avete già visto Aviello... Ho grande rispetto per il vostro ruolo, ma come esseri umani si può anche sbagliare. Fa male leggere nella sentenza di Cassazione che ci sono molti buchi, buchi ridicoli, al limite dell'imbarazzo. Io conoscevo pochissimo Meredith: non ha alcun senso che io abbia commesso un atto così atroce, non ha un benchè minimo fondamento reale e questa cosa va avanti da troppi anni. Ultimamente mi è stata offerta la possibilità di andare in vacanza a Santo Domingo e anche lì mi sono dovuto difendere da commenti di ogni genere, come se la mia vita e i miei interessi debbano essere sotto il giudizio di tutti. Qui in Italia sono costantemente sotto i riflettori, trovare lavoro è difficile. Io volevo solo avere una vita tranquilla: sono qui per farmi conoscere e raccontare la verità su questa vicenda. Non potete capire quanto fa male per me parlare di nuovo davanti a una Corte, dopo tutti questi anni, dopo essere stato portato in una camionetta, in una gabbia per stare in udienza. Per me, tutto questo, ha un impatto drammatico, non riesco a guardare il futuro. A voi chiedo umilmente di poter guardare la realtà e di considerare il grosso sbaglio che è stato fatto. Datemi la possibilità di avere una vita normale, perché ora io una vita reale non ce l'ho». Raffaele Sollecito era molto emozionato, ha chiuso le sue dichiarazioni spontanee con la voce strozzata dal pianto.



Alla fine dell'udienza il presidente Nencini ha calendarizzato i prossimi appuntamenti: si torna in aula il 25 novembre con la requisitoria del procuratore Alessandro Crini, poi il 26 con la conclusione delle parti civili. Parola alle difese di Sollecito (Giulia Bongiorno e Luca Maori) il 16 dicembre e a quelle della Knox (Luciano Ghirga e Carlo Dalla Vedova) il 17. Repliche previste per il 9 gennaio e conclusione il 10 con la camera di consiglio e la sentenza.
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