Delitto Meredith, il pg: «Trenta anni
di carcere per Amanda e 26 a Raffaele»

Delitto Meredith, il pg: «Trenta anni di carcere per Amanda e 26 a Raffaele»
di Italo Carmignani e Egle Priolo
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Martedì 26 Novembre 2013, 00:14 - Ultimo aggiornamento: 27 Novembre, 21:59

FIRENZE - Ventisei anni di carcere per Amanda Knox e Raffaele Sollecito, accusati dell'omicidio di Meredith kercher. E' la richiesta del procuratore generale della Corte d'assise d'appello di Firenze Alessandro Crini.

«Chiedo due cose - ha detto il pg dopo una requisitoria durata undici ore - , che la calunnia a carico di Amanda sia riformulata nella pena fino a 4 anni di reclusione perchè tarata sulla necsessità di creare un depistaggio. Più confermare la penale responsabilità dei due imputati, a prescindere dall'essere incensurati e quindi senza attenuanti generiche, perchè non compatibili al comportamento. La sussistenza dell'aggravante dei futili motivi invece va esclusa».

La procura ha ricordato la conflittualità sulla gestione dell'appartamento tra le due ex coinquiline ma anche il movente sessuale del delitto, con la penetrazione a mano nuda da parte di Rudy Guede, condannato in via definitiva per concorso in omicidio.

La giornata si è aperta con il procuratore generale Alessandro Crini che, dopo le oltre sei ore di requisitoria di ieri su alibi considerato falso e il presunto depistaggio delle indagini da parte dei due imputati, oggi durante la quinta udienza del processo d'appello bis ha affrontata il tema delle analisi genetiche.

In aula, mancavano sia Amanda, in America dal giorno dell'assoluzione in appello, che Raffaele.

Presente invece Patrick Lumumba, parte civile dopo che l'americana lo ha accusato ingiustamente dell'omicidio.

«Non c'è una sola cosa certa». «In questo processo non c'è una sola cosa certa come disse il giudice a latere nel primo giudizio di appello: non è solo certo che sia morta una giovane, ma ci sono tutti i dati che ho esposto ieri».

Il pg ha spiegato del gancetto del reggiseno e soprattutto del coltello «con la patente di arma del delitto», quello sequestrato a casa di Raffaele in corso Garibaldi.

Il dna su gancetto e coltello. «Già il sangue sulla lama fa pensare a un utilizzo patologico del coltello. Certo si dirà che qualcuno si era tagliato, ma io credo che questo argomento vada affrontato. E mi fido del mio perito: le sue argomentazioni, le sue analisi mi sembrano di interesse», ha detto Crini, riferendosi agli esperti del reparto biologia del Ris che hanno analizzato la famosa traccia I sul coltello, attribuendola ad Amanda. Il pg ha difeso il lavoro della polizia scientifica («La dottoressa Stefanoni è stata messa sulla gratella») e ha ribadito più volte l'impossibilità che il coltello sia stato contaminato. «I due convincentissimi periti ci hanno consegnato un dato certo - ha ribadito Crini -, un dato che nasce in questa aula ed è un pezzo di verità: c'è il dna di Amanda sull'impugnatura, con un profilo chiaro ed univoco, e un profilo più complesso tra lama e manico. Ma è chiaro che lei lo ha usato. E sulla lama c'è anche un altro profilo genetico che guarda verso Meredith Kercher». Ed «è una traccia chiara»: «quelle risultanze» sono venute fuori «in modo pulito». Insomma, per il pg quel coltello è l'arma del delitto.

«Nessuna contaminazione». Dopo aver sottolineato «l'inadempienza» dei periti di parte, considerati «meno convincenti», Crini ha ribadito la presenza del dna di Sollecito («Non posso pensare a dna che veleggia ma a un passaggio concreto. E non ci fu contaminazione puntiforme, che è un ossimoro biologico: da dove arrivava questo dna?») anche sul gancetto del reggiseno di Meredith, uno dei capisaldi della sentenza di condanna in primo grado.

Il dna sul gancetto e sulla lama del coltello, più i dati resi noti ieri, secondo il pg, costituiscono una «convergenza indiziaria, che ci orienta sui due imputati come presenti sul luogo del crimine».

La pressione per non farla urlare. Il pg ha ricostruito il momento del delitto, partendo dai lividi sul corpo di Meredith, quella «povera figliola». «Lividi su bocca e collo, contenuti in modo così feroce per non farla urlare. E quando urla, infatti, arriva il colpo alla gola. Ma non ci sono solo lividi sulla bocca e al suo interno: possiamo infatti ipotizzare che fosse l'unica costrizione? E le altre parti del corpo? Ci sono tracce di un'esigenza di contenimento complessiva: ci sono lividi sul gomito e sul polso, risultato serrato da Rudy grazie alla prova del dna. Allora se Rudy le teneva un polso, è plausibile che usasse l'altra mano per usare il coltello durante questa aggressione sessuale? Molto poco probabile». Il pg, allora, ricorda anche la mancanza di ferite da difesa e di assenza di prove sotto le sue unghie: «Meredith non si è difesa, non ne ha avuto modo. Perché non aveva davanti persone sconosciute. Davanti a uno sconosciuto, avrebbe cercato di difendersi».

I coltelli. Lungo intervento del procuratore, alla nona ora complessiva di requisitoria, anche sui coltelli presenti sulla scena del delitto. Quello grande che ha creato la ferita mortale e quello di «precisione» che secondo il pg era nella proprietà di Raffaele e che avrebbe tagliato il reggiseno sul cui gancetto è stato trovato il dna del giovane barese. «Ne era continuamente dotato, lo confermano sia Amanda che il padre di Sollecito. L'altro coltello era nelle mani dell'americana, di cui c'è una presenza chiarissima», sostiene Crini. Presenza corroborata, secondo Crini, anche dall'impronta di un piede piccolo sulla federa accanto al corpo di Meredith. «A chi devo pensare se non alla Knox? Quella è un'impronta parlante. E parla della flagranza della Knox», chiude il pg.

Da tutta questa ricostruzione, il procuratore ha desunto le sue richieste di condanna.

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