Omicidio Meredith, Amanda: «Non ho ucciso»
La Corte: se vuole parlare venga qui

Omicidio Meredith, Amanda: «Non ho ucciso» La Corte: se vuole parlare venga qui
di Italo Carmignani e Egle Priolo
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Martedì 17 Dicembre 2013, 09:48 - Ultimo aggiornamento: 18 Dicembre, 10:50
FIRENZE - Meredith era mia amica, non mi ha mai dato neppure un'occhiataccia. cominciata con queste dichiarazioni di Amanda Knox l'udienza dedicata alla sua difesa nel processo per la morte di Meredith Kercher.



Dichiarazioni che Amanda, imputata nel processo d'appello bis con l'ex fidanzato Raffaele Sollecito, ha spedito via mail dall'America. «Meredith era la mia amica. Lei mi era simpatica, mi aiutava, era generosa e divertente. Non mi ha mai criticata. Non mi ha mai dato neppure un'occhiataccia. Sono innocente, non ho ucciso. Non c'ero e non avevo niente a che fare. Non sono presente in aula perchè ho paura della veemenza dell'accusa» .



La lettera. «L'accusa - continua Amanda - afferma che una rottura era avvenuta fra me e Meredith per la pulizia. Questa affermazione è una deformazione dei fatti. Nel periodo breve che Meredith e io eravamo coinquiline e amiche non abbiamo mai litigato». «Il mio comportamento dopo la scoperta dell'omicidio indica la mia innocenza. Mai avrei pensato o immaginato - aggiunge - che avrebbero usato la mia ingenua spontaneità per supportare i loro sospetti. Non ho nascosto i miei sentimenti: quando avevo bisogno di conforto Raffaele mi abbracciava, quando ero arrabbiata bestemmiavo e facevo osservazioni insensibili».



«Gli scappellotti in questura». Un accenno, nelle cinque pagine di lettera, anche alla calunnia contro Patrick Lumumba, indicato da lei come l'assassino: «Dobbiamo riconoscere - scrive la Knox - che una persona possa essere portata a confessare falsamente perchè torturata psicologicamente». Amanda racconta anche di quando la portarono in questura: «Mi hanno mentito, urlato, minacciata, dato due scappellotti sulla testa. Mi hanno detto che non avrei mai più visto la mia famiglia se non avessi ricordato cos'era successo a Meredith quella notte».



«Condannare il mostro». «Non ho mai dimostrato un comportamento antisociale, aggressivo, violento o psicopatico. Non sono tossicodipendente o ossessionata di sesso». «Quando sono stata arrestata - aggiunge - mi hanno analizzata per droga e sono risultata negativa». Accusa e parti civili «vogliono che pensiate che io sia un mostro perchè è facile condannare un mostro». «Sono innocente - conclude Amanda - Raffaele è innocente. Meredith e la sua famiglia meritano la verità. Vi prego di porre fine a questa enorme ed estenuante ingiustizia».



Nencini: «Se vuole parlare venga qui». Dichiarazione che il presidente della Corte d'assise, Alessandro Nencini, ha definito «irrituale. Chi vuol parlare nei processi viene nei processi». «Non sono dichiarazioni spontanee», ha precisato Nencini parlando con i difensori della Knox. Il presidente della Corte ha anche sottolineato che sono i difensori ad attribuire ad Amanda la paternità del testo: «Io non l'ho mai vista, non la conosco».



«Il coltello di Raffaele incompatibile con le ferite». L'udienza, dopo la lettura, ha preso il via con l'intervento dell'avvocato dell'americana, Luciano Ghirga, sulle analisi genetiche su coltello sequestrato a Sollecito e considerato l'arma del delitto. «Incompatibile con le ferite in realtà - ha detto Ghirga - a differenza di un coltello lungo 9 centimetri e largo due di cui c'è traccia sulla scena del delitto». L'avvocato ha quindi sottolineato il nodo del ragionevole dubbio («Non un'americanata») che dovrà essere sciolto dalla Corte.



L'escalation di follia. «Non esiste poi una prova che la morte sia stata causata da più aggressori - ha spiegato Ghirga -. Le nostre perizie parlano di un unico assassino, che in un'escalation di follia ha usato prima le mani e poi il coltello».



Dopo aver smontato la testimonianza del clochard Curatolo («Inattendibile») e aver ribadito che nessun indizio può arrivare dalle parole di Rudy Guede, unico condannato in via definitiva a 16 anni, l'avvocato Ghirga ha contestato l'accusa della calunnia legata alla commissione dell'omicidio. «Dovete leggere i memoriali di Amanda - ha concluso Ghirga -. Dovreste conoscerla... Al di là del suo intenso aspetto emotivo, noi sosteniamo la sua non presenza sul luogo del delitto e ne chiediamo l'assoluzione».



«Un errore giudiziario». L'udienza prosegue con l'intervento dell'altro legale Carlo Dalla Vedova. «Il vostro sarà un compito arduo - ha detto l'avvocato rivolto alla Corte d'assise d'appello - perchè voi non avete sentito i testimoni, non li avete guardati negli occhi. Non avete sentito reticenze e discordanze». Riguardo il movente, che per l'accusa e le parti civili sta nelle tensioni tra Amanda e Meredith per la pulizia della casa. «Nessuno ha mai detto che le due ragazze litigassero - ha spiegato -. Questa è una ricostruzione illogica. E le accuse un errore giudiziario. Anche perché Amanda è rimasta a disposizione, è stata messa sotto torchio, motivo per cui le sue accuse a Lumumba non andavano neanche prese in considerazione per quanto erano confuse. Eppure è rimasta a Perugia. E' Rudy che è scappato in Germania dopo l'omicidio: la Cassazione ha dato importanza alla sua lettera, quella in cui dice che Amanda era fuori casa e che aveva bussato al campanello, lettera presentata tre giorni prima dell'Appello, quando per 4 anni ha perso ogni occasione per dire la verità».

Alla fine dell'udienza, è stata ribadita da parte dei difensori la richiesta di assoluzione: «Per noi - hanno concluso - la sentenza di giustizia è una sentenza di assoluzione di Amanda Knox».

Tutto rinviato al 9 gennaio, con le difese di Raffaele Sollecito, con gli avvocati Giulia Bongiorno e Luca Maori.
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