La prima Smart Festa del Lavoro: più camici bianchi meno tute blu
«Se Terni non ritrova l'unità, conterà ancora meno»

La prima Smart Festa del Lavoro: più camici bianchi meno tute blu «Se Terni non ritrova l'unità, conterà ancora meno»
di Vanna Ugolini
4 Minuti di Lettura
Venerdì 1 Maggio 2020, 16:27 - Ultimo aggiornamento: 16:34

E' la prima Smart festa del lavoro, passata al computer o in diretta in televisione,  un Primo Maggio che forse farà da spartiacque anche nelle modalità con cui il sindacato si rapporterà con i propri iscritti. Si faranno ancora le assemblee e gli scioperi con i cortei per strada? E'il Primo Maggio dello smartworking, il lavoro da casa e dei camici bianchi, medici, infermieri e operatori sanitari tutti. Con le fabbriche quasi ferme i caduti sul lavoro, purtroppo, moltissimi sono stati nelle loro fila, nelle corsie degli ospedali. Questo Primo Maggio è anche la festa degli altri lavoratori che sono rimasti in prima linea anche quando la pandemia infuriava, dalle cassiere dei supermercati, ai postini, a chi fa le consegne a domicilio, ai camionisti, agli edicolanti, diventati tutti in questi ultimi due mesi i pilastri che hanno retto un mondo che sembrava capovolto.
«In Umbria non abbiamo avuto vittime ma positivi sì - dice Nicola Ambrosino, Cisl Infermieri - Quello che mi sento di dire è di andare avanti rispettando tutte le norme di precauzione, di mantenere le distanze. Io domani (oggi per chi legge ndr) sarò al lavoro e faccio in bocca al lupo a tutti i colleghi e a tutti gli operatori della sanità». «Sono Infettivologo e di situazioni difficili ne abbiamo viste tante, ma questa sicuramente ci richiede un impegno massimale. Ci manca un farmaco antivirale vero perchè questa malattia provoca una infiammazione brutale e, quando va oltre un certo livello, è difficile salvare la vita alle persone, purtroppo», spiega Carlo Varnelli, Cisl Medici. Per il futuro prossimo come vede la situazione? «Ci sono due cose che hanno fatto sempre paura all'uomo: il diverso e il troppo piccolo. Temo che se ci faremo guidare, ancora una volta, da queste paure, commetteremo degli errori».
Dalle corsie dell'ospedale, alla fabbrica, alle saracinesche chiuse dei negozi che stanno portando la disperazione nelle case dei commercianti. Cgil, Cisl e Uil nei giorni scorsi sono andati dal Prefetto a chiedere un maggior coordinamento tra istituzioni, imprese e sindacati per evitare riaperture in ordine sparso. Un tavolo da cui far venire un fuori una sorta di codice di comportamento, di codice della sicurezza che oggi non può prescindere dai rischi portati dalla pandemia. «Purtroppo - spiega Claudio Cipolla, Cgil - la sensazione è che si vada in ordine sparso, che ci si preoccupi di quello che succederà il 4 maggio senza fare una progettazione di ampio respiro. Ognuno corre da solo ma se non si capisce che in questo passaggio storico bisogna essere uniti come mai prima d'ora, Terni e il suo territorio conteranno sempre meno. Purtroppo questa frammentazione, che continua a sentirsi, provoca un senso di smarrimento». Considerazioni analogoghe vengono anche da Riccardo Marcelli, Cisl che sottolinea anche come «a Terni la crisi arriva da lontano e quindi bisogna superare la polemica politica e pensare concretamente al territorio e ai lavoratori». Per Gino Venturi, Uil, bisogna aprire e aprire in sicurezza. La ricetta per farlo «è seguire nel concreto ogni situazione, creare delle commissioni tra datori di lavoro e sindacato che modifichino l'organizzazione del lavoro. In alcune realtà si sta facendo, ma in altre si è fermi. Ad esempio, anche tutta la Pubblica amministrazione dovrà cambiare modo di lavorare ma ad oggi non si fa nulla. Eppure si è vista l'importanza del ruolo del pubblico in questa emergenza sanitaria».
Ast resta sempre un punto di riferimento e, allo stesso tempo, un bersaglio. Dopo una riapertura contestata, ora le acque sembrano più tranquille «ma dovremo rivedere ancora molte cose - dice Emanuele Pica, Usb - perchè se pensiamo di adeguarci al cambiamento solo mettendo la mascherina e guanti non abbiamo capito la portata di quanto sta succedendo: bisogna modificare anche l'orario di lavoro, i tempi di riposo, andare a vedere come si può migliorare ancora la sicurezza nelle fasi produttive». Per Giovacchino Olimpieri, Fismic, il problema delle riaperture sarà soprattutto nelle piccole aziende, dove il sindacato è meno presente: «Ast ha sicuramente migliorato le procedure e dispositivi di sicurezza ma chi lavora nelle piccole imprese ha paura di chiedere più sicurezza». Per Daniele Francescangeli, Ugl «Le aziende hanno bisogno di programmare le riaperture senza trasgredire inconsapevolmente leggi che, a nostro parere, non sono chiare e soprattutto non possono essere interpretabili. E' questo l'unico modo per ripartire con condizioni più favorevoli, tenendo conto di tutte le misure di sicurezza e le distanze sociali. In caso contrario avremo una nuova pandemia chiamata povertà che il nostro sistema Italiano non conosceva più da tantissimi anni».

© RIPRODUZIONE RISERVATA