Quella stessa sera, però, non riuscì a non prendere parte ad una cena, durante la quale il religioso - secondo le accuse - le avrebbe addirittura toccato le parti intime, sotto la tovaglia. Avrebbe anche «preso con forza la mano» della ragazza «mettendola sotto il saio», «continuando a tenere un comportamenti offensivo, violento e prevaricatore» nonostante la presenza di altre persone. «Mi ha improvvisamente afferrato mettendomi le mani sotto la camicetta ed aprendomi il reggiseno - aveva denunciato la donna -. Ho provato ad allontanarmi ma mi ha afferrato il collo e detto 'yo te quiero'». Al frate, 75 anni, originario della provincia di Reggio Calabria, è stato imposto dai giudici il pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva di 25 mila euro. Contro la sentenza del tribunale di Perugia ha già fatto sapere che presenterà ricorso l'avvocato Luca Gentili: «Faremo certamente appello, tutti i testimoni sentiti in videoconferenza dal Guatemala hanno smentito le accuse, riuscirò a provare la sua innocenza».
«La figura e l'incarico rivestito dal frate in Guatemala - scrivevano i carabinieri della sezione di polizia giudiziaria in un'informativa inoltrata alla magistratura - è da considerarsi rilevante per gli indigeni, i quali ritengono che il frate sia un uomo potente, tanto da essere quasi venerato. E' indubbio pensare - prosegue - che una simile considerazione ingeneri un ambiente complice, omertoso ed imprevedibile».
Nel capo di accusa del pm Giuseppe Petrazzini si legge che il frate «con violenza consistita nel superare la resistenza posta in essere dalla vittima, in più occasioni ha costretto la stessa a subire atti sessuali consistiti in palpeggiamenti su seni e gluteo, nonché toccamenti vari, oltre che imporle di toccare gli organi genitali». I fatti contestati sarebbero avvenuti dunque in America centrale ma il processo si è celebrato in Italia come prevede l'articolo 9 del Codice penale riguardante il «delitto comune del cittadino all'estero».
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