La Regione contro Vincenzo Riommi. L’Ente che per lunghi anni ha rappresentato occupando la seconda poltrona più prestigiosa (abbandonata per uscire comunque indenne dalla bufera di Sanitopoli del 2010) adesso ha deciso di costituirsi parte civile contro l’ex assessore. Il 60enne viene ritento responsabile dalla Procura della Repubblica di Spoleto di truffa aggravata e malversazione di erogazioni pubbliche. I fatti contestati sono relativi al periodo 2017-2018 quando Riommi e il coimputato Nico Valecchi avrebbero «indotto in errore» la Regione riguardo il possesso di alcuni «requisiti necessari per accedere a un contributo pubblico» concesso nel gennaio 2017 per un importo di 139 mila euro («corrispondente al 40% dei costi indicati in domanda, 347 mila euro). Il contributo – si legge negli atti della Procura – era legato al «Piano Operativo Regionale Por 2014/2020 – Asse I Azione 1.3.1 – Avviso a sostegno delle nuove Pmi innovative, 2016 ‘Sostegno alla creazione e al consolidamento di start-up innovative ad alta intensità di applicazione di conoscenza e alle iniziative di spin-off della ricerca». Stando alla ricostruzione accusatoria Riommi e Valecchi «mediante artifizi e raggiri» hanno «costituito la società, priva di un’adeguata sede operativa, al solo scopo di percepire i contributi pubblici erogati dalla Regione Umbria», facendo risultare nella domanda di ammissione al contributo «l’acquisto di macchinari per un importo di 106 mila euro, mai effettuato», e «il deposito del brevetto relativo al tessuto Cashtech, senza in realtà poi procedere all’industrializzazione del brevetto stesso».
«Le ipotesi individuate attengono a reati concretamente lesivi della posizione e degli interessi della Regione in quanto si tratta di condotte volte all'ottenimento dei finanziamenti pubblici - si legge nell’atto dell’avvocato Anna Rita Gobbo, firmato dalla presidente della Giunta regionale Donatella Tesei -.
Il giudice per l’udienza preliminare Federica Fortunati che sta valutando la richiesta di rinvio a giudizio ha rimandato l’udienza al prossimo 10 marzo. Nei giorni scorsi l’avvocato Nicola Di Mario che difende Riommi aveva parlato di «finanziamenti pubblici conseguiti in modo legittimo» e di una «destinazione di impiego coerente con le finalità previste dal bando».