Fa spogliare 28 adolescenti
usando Facebook: arrestato imprenditore

Fa spogliare 28 adolescenti usando Facebook: arrestato imprenditore
di Michele Milletti
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Giovedì 22 Agosto 2013, 10:11 - Ultimo aggiornamento: 23 Agosto, 11:22
PERUGIA - Un orrore fatto di foto spinte ottenute con l'inganno e video hard estorti sotto la minaccia di far circolare nei social network quelle stesse foto in suo possesso: questo ha scoperto la polizia postale di Perugia nel corso di una vasta operazione contro la pedopornografia.

Imprenditore, incensurato, 45 anni, con moglie e figli adolescenti, della provincia di Pesaro: questo l'indetikit dell'uomo arrestato su ordine del Gip di Perugia per i reati di produzione di materiale pedopornografico e violenza sessuale. Con le aggravanti della minaccia e di aver ingannato le ragazze sulla sua reale indentità.



Questo perché le ventotto ragazzine adescate in tutta Italia (cinque residenti un Umbria) venivano avvicinate su Facebook da quella che sembrava in tutto e per tutto una loro coetanea, con tanto di foto sul falso profilo Facebook che gli investigatori hanno scoperto essere stata scaricata da alcuni siti probabilmente riconducibili al mondo della pedopornografia.



L'indagine, coordinata dal pm perugino Gemma Miliani, parte nel 2012 a seguito della denuncia di una minorenne perugina alla polizia postale. La ragazza racconta di essere stata avvicinata su Facebook da un'adolescente: dopo un primo approccio e chiacchierate informali, la nuova amica virtuale aveva iniziato a chiederle delle foto nuda. La ragazza, spinta dalla curiosità, invia queste foto ricevendone a sua volta. Poi, quando le arriva la rischiesta di video in pose hard, la giovanissima racconta tutto al padre e sporge denuncia.



Inizia l'attività di indagine che porta alla perquisizione dell'abitazione dell'imprenditore pesarese lo scorso diecembre. Dall'analisi del materiale, viene fuori l'attività d adescamento nei confronti di 28 minorenni, anche piú piccole di 14 anni (fino a 10 e 11) tutte nell'arco del 2012.



Nel computer dell'uomo, in una cartella nascosta (ma i poliziotti troveranno anche un hard disk esterno per archiviare i file, oltre a scoprire che l'imprenditore si è servito anche di uno smartphone) vengono ritrovati gli account delle ragazzine, nomi e cognomi, oltre a foto e video. A questo punto gli agenti chiedono e ottengono la collaborazione di Facebook, delle scuole in cui le ragazze militano e della federazione sportiva a cui tutte le giovani fanno riferimento: questo perché fanno tutte la stessa pratica sportive, e la foto sul profilo di ognuna di loro la ritrae mentre sono in gara. Alcune, come le cinque umbre (le altre ragazzine adescate sono piemontesi, venete, laziali e siciliane) si conoscono personalmente.



L'adescatore si é finto così un'adolescente che pratica lo stesso sport. Iniziati i contatti, iniziava a introdurre temi sessuali. «Facendo leva sull'immaturità sessuale delle ragazzine e anche sulla curiosità é riuscito a farsi mandare foto nude, che lui contraccambiava con foto trovate sul web - spiega ancora la dirigente Lillini - . Poi la posta si alza: inizia a minacciarle che se non accendono la web cam per mostrarsi nude, manda in giro le foto».



Si é sempre presentato come una ragazzina residente a Rimini. Gestiva più contatti in contemporanea, e una volta individuata e agganciata una vittima pescava le altre dai contatti Facebook: «In questo modo - continua Lillilini - poteva minacciarle ulteriormente. Del tipo: se tu non fai il video, pubblico le foto tue e della tua amica».



Dalla perquisizione di dicembre in avanti, l'incubo per queste ragazze è finito: hanno visto scomparire il profilo incriminato dalla loro lista di amicizie e contatti, finché stamattina l'uomo è finito in carcere. «Ho sbagliato, non so cosa altro dire» le uniche parole dell'imprenditore.



«Perché violenza sessuale? Perché - conclude il dirigente della polizia postale perugina - i video venivano fatti in diretta e lui, fingendo di avere la web cam rotta e coprendo il microfono per non farsi sentire, via chat indicava alle ragazze, sempre sotto la minaccia di pubblicare le foto, non solo di mettersi in un certo modo ma anche atti di auto erotismo».
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