Violentata durante una visita in ospedale, infermiere condannato dopo 9 anni

Violentata durante una visita in ospedale, infermiere condannato dopo 9 anni
di Egle Priolo
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Venerdì 2 Luglio 2021, 07:42

PERUGIA - Ha aspettato oltre nove anni per vedere condannato l'uomo che l'ha violentata. In ospedale. Nel luogo in cui era più indifesa e avrebbe dovuto invece sentirsi più sicura. Con una sentenza di condanna a un anno e nove mesi, infatti, ieri si è chiuso il primo grado davanti al primo collegio del tribunale penale nei confronti dell'infermiere dell'ospedale Santa Maria della misericordia accusato dal sostituto procuratore Manuela Comodi di violenza sessuale.

I fatti sono dell'aprile 2012 e, secondo le accuse, l'infermiere – oggi quasi quarantenne - «con violenza e abusando della condizione di inferiorità fisica» della ragazza l'avrebbe costretta «a subire atti sessuali». Col pretesto di misurarle la temperatura, come descritto nel capo di imputazione e nella costituzione di parte civile firmata dall'avvocato Giuseppe De Lio, le avrebbe alzato la maglietta e abbassato i pantaloni arrivando a toccarla, anche dopo le resistenze della giovane. Anzi, neanche l'avergli restituito il termometro sarebbe bastato a farlo fermare. La ragazza, che nel 2012 aveva solo vent'anni, era infatti stata ricoverata in ospedale per una colica renale che la costringeva a letto. Fiduciosa di essere in una struttura in cui era entrata anche per farsi rivoltare come un calzino pur di farsi curare. Farsi toccare per capire l'origine dei dolori. Ma certamente non per subire una violenza sessuale.
E invece quell'infermiere – secondo la denuncia della ragazza alle forze dell'ordine e al magistrato - con la scusa di visitarla l’avrebbe in realtà toccata molto vicino alle parti intime e anche al seno. «Le alzava la maglietta toccandole il rene destro, le metteva le mani su entrambi i fianchi, le abbassava i pantaloni del pigiama fino all’altezza del pube, toccandole la pancia all’altezza delle ovaie. Dinanzi alle resistenze della donna che gli restituiva il termometro, le abbassava nuovamente la maglietta mettendole di nuovo le mani sui fianchi, salendo poi fin sotto le ascelle e poggiando volontariamente il suo braccio sinistro sul seno destro della ragazza», si legge infatti nel capo di imputazione. Preciso in tutti i passaggi, proprio per restituire il racconto preciso di un incubo. Di quelli in cui cadi e non ci credi, ma quando ne diventi consapevole sei già stato inghiottito dal buio.
Un incubo per cui la paziente, all'epoca poco più di una ragazzina, è rimasta a lungo «fragile e disorientata, le è stata sconvolta la vita sessuale», hanno spiegato i suoi legali Giuseppe De Lio e Simona Boldrini in aula, tanto da avere a lungo difficoltà a «rapportarsi serenamente con persone di sesso maschile». Tra paura, crisi di panico e di pianto. «Perché non è stata solo la violenza – è stato ribadito nella costituzione di parte civile, con la richiesta di un notevole risarcimento dei danni in caso di condanna - ma è stato anche il luogo in cui è stata commessa a devastarla: un ospedale in cui era entrata per essere curata».
L'infermiere, assistito dagli avvocati Nicola Di Mario e Francesco Bianchini, una volta lette le motivazioni della sentenza - che prevede anche l'interdizione dai pubblici uffici - potrà ricorrere in appello.

Ma intanto ieri la paziente vittima di quegli abusi e quelle molestie – oggi quasi trentenne – si è sciolta in un pianto liberatorio alla notizia della condanna. Che non le restituirà la serenità perduta su quel lettino d'ospedale, ma le ha regalato fiducia nella giustizia. Che le ha creduto e ha scelto di condannare chi si è approfittato di una situazione in cui lei era solo bisognosa di cure.

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