«Rimborsi pure per i chewing gum e assente alle lezioni», super stangata per un prof dell'università

«Rimborsi pure per i chewing gum e assente alle lezioni», super stangata per un prof dell'università
di Egle Priolo
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Venerdì 6 Novembre 2020, 08:00

PERUGIA - Un anno di sospensione dal lavoro e dallo stipendio. È la dura sanzione disciplinare comminata a un docente dell'Università degli studi «per irregolarità inerenti sia le modalità di svolgimento delle missioni» che le «relative attività di rendicontazione e liquidazione, nonché per anomalie emergenti dai registri dell’attività didattica». Una sanzione contro cui il professore del dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e ambientali, oltre che direttore - all'epoca dei fatti contestati - del Centro di ricerca per l’eccellenza della birra, ha fatto ricorso al Tar. I giudici amministrativi, però, lo hanno bocciato, condannandolo anche al pagamento delle spese di lite all'Università, quantificate in duemila euro.

La storia inizia tempo fa, quando sul tavolo dell'allora rettore Franco Moriconi (ma anche del direttore generale e del direttore di Scienze agrarie) arriva una lettera anonima che invita «i destinatari – riassumono i giudici - ad effettuare una “bella ispezione” circa le attività svolte dal prof» per un periodo di due anni. La lettera viene inviata, sempre senza firma, anche alla Corte dei conti ma soprattutto al Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza dell'ateneo, che sulla vicenda prepara una relazione con gli approfondimenti istruttori svolti in autonomia. «Nella propria relazione – scrive il Tar nella sentenza pubblicata mercoledì -, il RPCT riferiva che, ancorché in ordine alla gestione delle spese generali del Cerb non fossero emerse particolari incongruenze, erano state, invece, rilevate numerose criticità per quanto concerne l’attività di missione svolta e rendicontata dal succitato Direttore, inerenti sia le modalità di svolgimento sia le attività di rendicontazione e liquidazione di gran parte delle suddette missioni; alcune delle quali, inoltre – segnalava ancora il RPCT - apparivano incompatibili con l’attività didattica asseritamente svolta dal prof negli stessi periodi e dallo stesso annotata nei registri delle lezioni».

L'ateneo allora contesta l'addebito disciplinare, parlando di attività «viziata da reiterati e rilevanti profili di irregolarità ed illegittimità, ponendosi gravemente in contrasto non solo con la disciplina regolamentare di riferimento in precedenza richiamata, ma anche con i doveri costituzionali di assicurare il buon andamento dell’amministrazione (art. 97) e di adempiere con disciplina ed onore le funzioni affidate».

Da qui la decisione della lunga e pesante sospensione. Contro cui il professore (nel frattempo, ci sono state le elezioni e il nuovo rettore diventa Maurizio Oliviero), assistito dagli avvocati Salvatore Basso e Alessandra Lorusso, fa ricorso. Il direttore si difende sostenendo la violazione e falsa applicazione (oltre che di un regio decreto del 1933 richiamato dall'Università) dello stesso regolamento dell'ateneo, ma anche l'eccesso di potere per travisamento dei fatti ed assenza dei presupposti, illogicità ed ingiustizia manifesta oltre che difetto di istruttoria e di motivazione. Linea che però il Tar dell'Umbria (presidente Raffaele Potenza, con Enrico Mattei e Daniela Carrarelli) ha rigettato, ricostruendo tra le altre cose acquisti «non rimborsabili in senso assoluto (come le gomme da masticare)» o quelle occasioni in cui «l’odierno ricorrente non era presente in aula, avendo demandato l’assolvimento del proprio carico didattico ad altri soggetti, talvolta anche non appartenenti al personale docente; ciò in contrasto con quanto dichiarato nei registri e in violazione delle previsioni di cui all’art. 36, comma 6, del Regolamento didattico». Da qui, l'ok alla sospensione, che «non appare manifestamente ingiusta o sproporzionata, considerato che per le violazioni contestate lo stesso art. 89 consente l’irrogazione di sanzioni ben più gravi, sino alla destituzione con perdita del diritto a pensione o assegni».

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