Perugia, nuovo appello per salvare gli ultimi archi dell'antico acquedotto

Gli Arcacci rimasti nella vallata fra San Marco ed i Conservoni: ultima testimonianza dell'antico acquedotto
di Riccardo Gasperini
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Domenica 5 Febbraio 2023, 11:18

PERUGIA - «La loro fine è vicina se non si prenderanno da subito provvedimenti necessari». È chiaro l'appello che rilancia il Circolo Ponte d'Oddi, che torna a parlare di quel che resta di un bene storico, prossimo alla scomparsa senza interventi. Al centro del dibattito ci sono gli arconi medievali, la via dell'acqua che alimentava un tempo la fontana Maggiore. Chiamati dai residenti della zona Arcacci, sono una parte di un'opera più complessa, lasciata nel degrado. «Nell'attività sociale e culturale che dalla sua nascita contraddistingue il Circolo Ponte d'Oddi c'è da anni l'impegno nella salvaguardia del territorio e nella conservazione dei beni architettonici che vi si trovano». Grande attenzione «a quanto rimasto di ciò che portava l'acqua alla fontana Maggiore, consapevoli del fatto che conservoni, arconi, botticelle, condotti non sono elementi separati dalla fontana né secondari supporti, ma parte di un'unica grande opera che dalle sorgenti di Monte Pacciano portava acqua alla fontana». Forse il «più grande esempio di ingegneria idraulica del Duecento». In questa visione nel 1995 al Circolo ci fu la conferenza Via dell'acqua, da Montepacciano alla Fonte di Piazza, per rendere chiaro a istituzioni e cittadini l'abbandono dei tracciati dell'acquedotto: Arconi del 1322 compresi. «Da allora, dopo saltuari interessamenti della Soprintendenza e delle amministrazioni comunali, poco di concreto è stato fatto». E l'abbandono, nel tempo, si è fatto sentire.

Nella zona del vecchio e nuovo conservone, più a monte, dove la sentieristica è ridotta all'osso.

Poi «un capitolo a parte merita lo stato di conservazione degli Arconi delle Piagge, dello Spinello e di Ponte d'Oddi». Iniziata la loro costruzione nel 1317 dai maestri Paolo Barzi e Cola Gabolfi «dopo varie vicende, vuoi per tecnologie utilizzate e complessità tecniche, furono abbandonati tornando grazie all'ingegner Cerrini, stimato tecnico del Comune, al percorso del primo acquedotto del veneziano maestro d'idraulica Boninsegna. Quanto rimasto degli Arconi in città e nella campagna di San Marco-Ponte D'Oddi testimonia un'opera ardimentosa: il primo acquedotto in Italia, forse in Europa, che portava acqua per pressione e non per caduta come quelli costruiti dai romani. Dei 43 Arconi che c'erano nella campagna ne rimangono visibili appena 13 tutti pesantemente aggrediti dai rampicanti». Se non si interverrà subito «Perugia e il nostro paese perderanno un'opera unica, una meraviglia che dalla fontana ai Conservoni mette insieme città e campagna, che non deve essere lasciata all'abbandono e a un non lontano prossimo definitivo crollo». Le idee per un rilancio non mancano, a partire dalla creazione di percorsi ciclo pedonali sulla via dell'acqua, oltre che di lavori sugli archi oggi avvolti dall'edera decennale.

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