Non mollare, perseverare è Human:
al Brecht arrivano i Radiodervish

Non mollare, perseverare è Human: al Brecht arrivano i Radiodervish
di Michele Bellucci
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Martedì 25 Febbraio 2014, 20:04 - Ultimo aggiornamento: 20:05
PERUGIA - In un momento storico difficile come questo, necessario perseverare e decidere di non mollare. Se ci si dovesse ispirare a quel che abbiamo intorno, probabilmente ci bloccheremmo.

Parola di Nabil Salameh, voce dei Radiodervish, il celebre gruppo italo-palestinese che mercoledì farà tappa a Perugia con il nuovo tour legato all'album "Human".

Un lavoro ambizioso, che si pone come obiettivo quello di spingerci a riflettere su noi stessi e sulla dimensione del "qui e ora", partendo dall'osservare il mondo da punti di vista differenti: «E' una sfida per l'intera società, come lo è per tanti che in questo momento si trovano quotidianamente alle prese con gravi difficoltà. Il problema di fondo è che la scala delle priorità viene schiacciata su valori monetari, su una giostra di mercato che toglie senso all'umanità. Per questo urge un richiamo a tornare umani, partendo dalla cultura, che rappresenta il volto umano più ispirante».

Nabil, palestinese di origini ma in Italia ormai da una vita, oltre ad essere un cantautore è stato per anni corrispondente di Al Jazeera e quando punta il dito contro la situazione culturale italiana lo fa con estrema lucidità, nonostante ogni discorso trasudi passione poetica: «In un'Italia smarrita, che sembra aver perso la capacità di sognare, la cultura è il serbatoio più ispirante, il luogo dove si possono rispolverare i sogni. Oggi è fondamentale reinventarsi e rilanciarsi. Bisogna riprendere il filo della cultura e rimetterla al centro, non solo per il mondo dell'arte quanto ad esempio per dare nuova linfa al mondo del lavoro. In effetti l'etica culturale tra datore di lavoro e operaio va sempre rispettata e se manca quella si scardina la società intera. Noi viviamo oggi in quest'Italia e ogni mattina abbiamo a che fare con uno sfacelo in più!».

Il riferimento è chiaro, verso qui "mezzi d'informazione" (le virgolette sono d'obbligo) che al centro dei propri meccanismi mettono solamente il clamoroso, guidati da mere logiche di mercato: «Quando parlo di cultura, di rimetterla al centro delle priorità - spiega l'artista nato a Tripoli del Libano - lo dico anche da giornalista. Se nel giornalismo si perde l'etica professionale scompare il rispetto sia verso quel mestiere che verso chi attinge alle informazioni, ovvero il lettore. Siamo immersi in un mondo che si basa sul sensazionalismo, diventato lo specchio della cultura televisiva che resta ancora il diffusore d'informazioni più potente. Ciò diventa un fattore di regressione di una collettività intera… che già è combinata male! Per questo per diventare più "umani" è fondamentale passare dalla cultura e dall'approccio sano a quel che ci circonda».



Dopo oltre 15 anni di attività musicale, i Radiodervish hanno scritto un altro importante capitolo di quella "etno-music d’autore" che li ha visti come pionieri. La coerenza del loro progetto, nato per esplorare le sonorità di popoli diversi tra loro nella ricerca di un'universalità difficile da riconoscere, si è mantenuta forte e ha saputo riconoscere i cambiamenti sociali che hanno attraversato il nostro paese.

Un progetto che si è scontrato spesso con «il provincialismo disarmante dell'industria discografica italiana, profondamente retrograda» come osserva Nabil evitando di approfondire il discorso: «L'Italia in cui viviamo oggi ha cambiato il suo codice genetico negli ultimi anni. Quella che ho conosciuto io quando sono arrivato da studente era diversa da questa. E' arrivata umanità dall'estero, che ha trovato modo di crescere, magari legandosi ad un compagno di vita italiano, e di far crescere qui i propri figli. Come siamo stati io e Michele (Lobaccaro, l'altro fondatore dei Radiodervish), due studentelli all'Università, ci saranno senz'altro altri due oggi che si sono trovati e hanno iniziato a suonare e comporre. Esistono tante realtà che hanno calcato lo stesso sentiero che abbiamo iniziato noi tanti anni fa, tanti gruppi musicali di questa "nuova Italia" che producono cultura e musica. C'è anche una nuova leva di scrittori che seguo con passione. Noi dopo tanti anni di attività amiamo definire la nostra musica "cantautorato mediterraneo", crediamo che renda bene l'idea».



Uno stile inconfondibile quello dei Radiodervish, che mercoledì saranno sul palco del Teatro Brecht di San Sisto (ore 21,30) con Nabil (voce e buzuki), Michele Lobaccaro (chitarra, basso, voce), Alessandro Pipino (tastiere, fisarmonica, voce) e Riccardo Laganà (percussioni). Ad arricchire il concerto un coinvolgente spettacolo di proiezioni, affidato all’artista salentino Valerio Calsolaro: «Il contorno sarà molto particolare, sarà una serata di "suoni e visioni", come se ci fossero dei quadri ad accompagnare le canzoni. Sarà un'amplificazione dei sensi, del resto siamo un'umanità prevalentemente visiva quindi cercheremo di allargare le emozioni degli spettatori. A Perugia porteremo sia i brani di "Human" con tutto il percorso musicale che l'ha generato, che i nostri evergreen… ma non mancherà neppure l'elettronica».
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