Multe intascate da maresciallo della Provincia di Perugia. Ecco il trucco per non farsi scoprire

La sede della polizia provinciale
di Luca Benedetti
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Sabato 14 Gennaio 2023, 09:08

Sono quaranta gli episodi in cui il maresciallo maggiore della Provincia di Perugia, Monia Mattiacci, ha intascato i soldi delle multe o ha messo in atto procedure per nascondere il peculato. I numeri spuntano dalle 150 pagine di chiamata in giudizio firmata dal procuratore regionale della procura regionale della Corte dei Conti, Rosa Francaviglia e dal sostituto procuratore generale Enrico Amante. Nella citazione e nella fissazione della discussione del processo vengono chiamati a rispondere del danno erariale (presunto) anche i comandanti Michele Fiscella, Stefano Mazzoni e Luca Lucarelli che si sono succeduti alla guida del Corpo dell’Ente dal 2011 al 2014, gli anni in cui la Provincia non ha incassato quasi mezzo milione di multe per una gestione ritenuta caotica delle sanzioni al codice della strada. Una parte (minima rispetto ai 446.206,05 euro richieste ai quattro dipendenti pubblici in via solidale e per l’intero) è finita nelle tasche, secondo l’accusa, del sottufficiale.
In particolare vengono segnalati nel fascicolo della Procura contabile quaranta episodi in cui c’è da una parte l’ammanco che avrebbe dato luogo al buco. Ammanco che è rilevato dalle carte dell’inchiesta penale.
Ci sono sanzioni da 41 euro e da 284, da 59,50 euro fino a oltre trecento euro. Ma in quei 40 episodi almeno la metà vengono contestate azioni che sarebbero servite per coprire il peculato. In particolare finte ricevute di pagamento dei soldi presi dagli automobilisti multati. I magistrati scrivono così: «...al fine di commettere e occultare il reato di peculato attestava falsamente nella ricevuta di definizione del processo verbale n.P2417 del 18 maggio 2016 di aver inserito nel registro le somme pagate in contanti l’importo pagato da....., quale sanzione amministrativa pecuniaria contestata a seguito di violazione al Codice della strada, circostanza mendace...». La scoperta è stata fatta perché sul registro apposito non era stato annotato l’incasso. Il peculato, cioè i soldi intascati dal pubblico ufficiale, è solo un aspetto del buco. Tant’è che nell’atto di citazione, Francaviglia e Amante scrivono rispetto alle responsabilità dei comandanti che si sono succeduti nel periodo nero: «...i dirigenti pro tempore del Corpo avrebbero ben potuto (dovuto) verificare la pressoché totale assenza di incassi a titolo di sanzioni del Codice della Strada, se- come ero- la stessa Sezione di controllo della Corte dei Conti ha accertato una capacità di riscossione in conto residui pari al 3,90% degli accertamenti nel 2014 e all’1,36% nel 2015». Ma i tre comandanti hanno sempre detto di aver gestito al meglio l’ufficio.
Intanto, la Provincia di Perugia si muove e spiega con una nota. «In merito alla notizia di cronaca sull’inchiesta della Corte dei Conti relativa alle multe non riscosse, spiegano da piazza Italia, la presidente della Provincia Stefania Proietti sottolinea che “i fatti si riferiscono agli anni 2011, 2012, 2013 e 2014 e quindi nulla hanno a che vedere con la sua attività amministrativa. Stiamo valutando – ha aggiunto – tutte le azioni per tutelare in ogni sede l’immagine dell’Ente e l’Ente stesso al fine di far emergere la verità e le responsabilità”».

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