Perugia, nel mirino della Procura
le cessioni di due ex Grifoni

Massimiliano Santopadre e Roberto Goretti (FOTO D'ARCHIVIO)
di Enzo Beretta
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Martedì 1 Ottobre 2019, 14:11
PERUGIA - Le operazioni finanziarie dietro un paio di cessioni dei giocatori del Perugia, presunti accordi inconfessabili, i contatti del presidente Massimiliano Santopadre con i livelli più alti del calcio. Oltre al tifo violento ci sarebbero altre questioni sulle quali la magistratura potrebbe decidere di mantenere accesi i riflettori. Definitivamente accantonati alcuni temi affrontati anche durante il confronto con l’ex allenatore Federico Giunti (mai indagato, come il presidente, ndr) sui veleni nello spogliatoio, il «ricorso alla pratica del doping» e le «possibili combine con velati richiami a probabili scommesse sulle partite del Perugia che potrebbero vedere coinvolti alcuni giocatori della squadra» l’indagine sembra destinata a fare ulteriore rumore.

Il capitolo ultrà - come non era mai accaduto prima la Digos ha raccontato cosa si muove dietro gli striscioni della Curva Nord - è chiuso. Per quanto riguarda gli accertamenti sull’assalto al pullman della squadra di rientro dalla trasferta di La Spezia del 21 ottobre 2017 - quarta sconfitta consecutiva - il punto più alto toccato con l’iscrizione nel registro degli indagati di cinque persone per associazione a delinquere si è rivelato un palloncino bucato quando tutto è stato declassato in violenza privata e danneggiamenti. 

Concentriamoci sulle date. Dopo l’aggressione al bus col sasso che sfiora Giunti vengono iscritti 16 tifosi per minacce e danneggiamenti, parte offesa risulta il titolare della ditta di autonoleggi che aveva prestato il bus ai Grifoni per il viaggio. Il 24 novembre sulla scorta dell’informativa che la Sezione investigativa consegna in Procura viene «ritenuto necessario un aggiornamento del registro generale delle notizie di reato»: il pm Mario Formisano e il procuratore Luigi De Ficchy indagano quattro tifosi biancorossi e il delegato per la sicurezza della società sportiva per associazione a delinquere e tentata estorsione. E’ un’ipotesi che consente ai magistrati di estendere il perimetro di azione e di adoperare strumenti di indagine più invasivi, comunque destinata a naufragare e archiviata in corsa come dimostra l’avviso di conclusione delle indagini preliminari in cui vengono contestate, sempre a quei 16 ultrà e al dipendente del Perugia, la violenza privata e i danneggiamenti. Nel calderone ci finiscono anche una dozzina di contestazioni per presunte violazioni del Daspo. 
Durante l’indagine erano piovute dalla questura richieste di intercettazioni telefoniche riguardanti, oltre il presidente e il tecnico, anche i cellulari del ds Roberto Goretti e del team manager Moreno Zebi. Il tifo organizzato da una parte, il cuore della società dall’altra. 

Secondo la Digos i tabulati telefonici di alcuni capi ultras sui contatti intrattenuti tra loro il pomeriggio della contestazione «dimostrano che l’atto criminoso in danno del Perugia Calcio è frutto di un preordinato accordo tra sodali che prescinde dai gruppi di appartenenza e dalle ideologie politiche di riferimento». Scrive sempre la polizia: «Un interesse illecito connotato da aspetti di violenza e minaccia funge da catalizzatore. I capi dei gruppi Ingrifati, Brigata e Nucleo XX Giugno dispongono di un loro 'esercito' in grado di materializzarsi rapidamente all’occorrenza per colpire a loro discrezione obiettivi indicati e 'nemici' ritenuti tali. Gli eventi si materializzano con conseguenze imprevedibili anche per gli stessi autori ma possono portare ad esiti anche gravi». 

Secondo l’avvocato della Brigata, Michele Nannarone, a lanciare il sasso contro il bus è stato «un cane sciolto» ossia un tifoso indipendente. Ricostruisce in una relazione di servizio un agente della Digos: «Quando il pullman ha varcato il cancello un gruppo di tifosi ha provato a entrare ma è stato bloccato anche grazie alla fattiva collaborazione di due elementi di spicco della tifoseria».
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