Perugia pronta ad aprire un fascicolo:
avvocati della donna accusano

Perugia pronta ad aprire un fascicolo: avvocati della donna accusano
di Cristiana Mangani
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Domenica 28 Luglio 2013, 09:48 - Ultimo aggiornamento: 20:49
ROMA - Bisogner aspettare i prossimi giorni per sapere cosa la procura della Capitale decider di fare dopo la forte presa di posizione del presidente del Tribunale, Mario Bresciano, sul caso Shalabayeva.

E non è esclusa l’ipotesi che della vicenda si possa interessare la procura di Perugia, chiamata in causa dagli avvocati della moglie del dissidente kazako. Ieri mattina, il procuratore Giuseppe Pignatone e il sostituto Eugenio Albamonte erano in ufficio in attesa di ricevere la nota con la quale Bresciano ha lanciato il suo j’accuse sul comportamento della polizia riguardo alle dinamiche del rimpatrio della donna e di sua figlia. Nella relazione del magistrato si dice con chiarezza che «il giudice di pace che ne ha autorizzato il provvedimento è stata tratta in inganno dalla polizia che non le ha trasmesso atti fondamentali per identificare la signora». Comportamento che Bresciano ha definito come «anomalo e omissivo nell’attività dei funzionari, tanto - ha aggiunto - che ho già segnalato la cosa al procuratore».



IL PROCURATORE

In realtà, quella nota così attesa non è ancora arrivata negli uffici del capo dei pm. Pare per un disguido di segreteria. Come si comporterà il procuratore di fronte ai rilievi avanzati dal Tribunale? Generalmente, dopo una denuncia così pesante, la procura tende ad avviare un’indagine, anche se come atto dovuto. È pure vero, però, che gli inquirenti, sin dal primo momento, hanno considerato la gestione del rimpatrio una gestione regolare e legittima, non rilevando alcuna anomalia. L’unica inchiesta penale aperta, infatti, sulla vicenda è quella sui presunti falsi e, in particolare, sul passaporto presentato da Shalabayeva al momento del blitz nella casa di Casal Palocco. Un documento che sembrerebbe falso a tutti gli effetti. Anche perché - viene spiegato - è stato emesso nei confronti di una persona che aveva una generalità già di per sé falsa, ovvero Alma Ayan, e non Shalabayeva. Per questa ragione, a piazzale Clodio, valuteranno con molta attenzione se esista dolo nella condotta dei poliziotti che hanno operato e se, quindi, ci sono gli estremi per aprire un nuovo fascicolo.



LA DIFESA

Nel frattempo, però, chi proverà a giocare d’anticipo sarà la difesa della donna. Nei prossimi giorni gli avvocati Riccardo Olivo e Vincenzo Cerulli Irelli che la assistono, dovrebbero presentare una denuncia con la quale contesteranno l’intero iter della vicenda, a cominciare dal blitz e dal rimpatrio, per finire al nullaosta all’esecuzione del provvedimento concesso dai pm stessi e dal giudice di pace. Questo potrebbe voler dire che la querelle finirà sul tavolo dei magistrati di Perugia, che hanno competenza sull’attività dei colleghi romani. I difensori, poi, sono anche orientati a ricorrere in Cassazione per contestare l’espulsione, sebbene sia stato revocato il provvedimento. «Secondo noi la materia del contendere non è cessata in quanto la revoca è stata fatta in una certa data e non copre tutte le illegittimità pregresse. Per noi l'espulsione ha comunque portato ad una serie di conseguenze. E quindi il provvedimento originario resta in piedi. Del resto, la prefettura di Roma è stata condannata dal giudice di pace a pagare le spese processuali. E ciò significa che indirettamente si riconosce l'illegittimità del decreto di espulsione».
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