Perugia, la medicazione di Tiffany passa per la solidarietà

Infermiera in un reparto di neonatologia
di Mario Mariano
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Domenica 11 Settembre 2022, 17:43

Per fortuna che ci sono ancora le mosche bianche, le persone che non antepongono i propri interessi a quelli della collettività. Mosche bianche che si preoccupano degli altri. Di qualsiasi razza, di qualsiasi ceto sociale. Tiffany Falcinelli non si ritiene un’eccezione visto che ha scelto di occuparsi dei fragili, dei malati di ogni età, da quando ha finito gli studi, una laurea in scienze infermieristiche con il massimo dei voti: «Ho studiato all’università di Tor Vergata, ho una madre è di origine francese e di qui il mio nome, che ingenera sempre tanta curiosità. Ho scelto subito dopo gli studi di trasferirmi in Umbria e ho lavorato prima in una clinica privata e dopo qualche anno sono stata assunta dall’ospedale di Perugia. Per 12 anni ho lavorato in sala operatoria e da due anni e mezzo  in Rianimazione».   Una scelta per amore e non per necessità, e qui la mosca inizia ad essere di un bianco sfumato: «La passione per l’assistenza ai malati me l’ha trasmessa mia madre Corinne, che per anni ha lavorato  in un ospedale di Roma  e sempre lei  ha fatto nascere in me il desiderio di non fermarmi al lavoro abituale, ma di pensare che la mia professione poteva  essere utile anche in paesi e contesti molto diversi». È difficile pensare possa esistere una donna sposata, con una bambina adolescente, che culli il sogno di dedicare le sue ferie ai bambini dell’Africa : ebbene, Tiffany, incoraggiata dalla madre che quella esperienza l’ aveva già fatta ed apprezzata al punto di trasferirsi nello stato del Bangui, al centro del Continente nero, è rieccita a  ad avere l’adesione di Francesco, il marito che aveva provato a dissuaderla senza successo. Troppo alto era il desiderio di maturare altre esperienze professionali; l’assistenza in ospedale non le bastava più : internet e amicizie fidate le hanno offerto la possibilità di contattare una associazione internazionale,  Emergenza Sorrisi, Ong  che   si occupa di operare bambini  colpiti  da gravi malattie del volto ( labio palatoschisi) e patologie correlate ad esiti di gravi ustioni. «Mi recai a Roma per un colloquio, con un curriculum già robusto e la speranza di essere scelta. Passò del tempo prima di avere notizie e ogni tanto rilanciavo il mio desiderio via mail. Nel frattempo era arrivato il dono più importante della mia vita, mia figlia Alice  e nonostante le priorità si fossero stravolte, il desiderio di partire  era ancora dentro di me». Quattro anni fa, la prima convocazione: dall’altra parte del telefono una richiesta  : «Vuoi venire in Iraq? Organizzati, ti aspettiamo».  Amiche e colleghe provarono a fermare Tiffy, come la chiamano tutti, ma senza risultato. «Mi sono sentita dire tante volte: " Ma non ti basta quello che fai ? Ma dove vai con una bimba piccola da accudire, non pensi che possa avvertite la tua assenza ? Considerazioni giuste, ma ho sempre desiderato alzare l’asticella, andare oltre la routine.

Il mio non è egoismo, piuttosto voglio desiderio di trasmettere a mia figlia gli stessi valori che ho ricevuto dalla mia famiglia : gentilezza, generosità, rispetto, solidarietà verso chi ha bisogno». In quattro anni la mosca bianca non si é fatta mancare nulla : due missioni in Iraq , una in Afghanistan e Benin e a breve tornerà a Nassiriya. Non ci sono imprese senza ostacoli e preoccupazioni: lasciare il certo per l’incerto provoca sempre qualche scossone psicologico e ammetterlo è doveroso : «La prima missione è stata difficilissima, perché le paure erano tante, se sono riuscita a partire con meno ansia lo devo a mio marito Francesco. Mi ha sostenuto e continua a farlo, perché ha capito le mie dinamiche; accudisce nostra figlia allo stesso modo di quando siamo tutti insieme. La tecnologia ci aiuta e anche se ogni trasferta è contenta nel tempo, riesco a concentrarmi sul mio obbiettivo: assicurare la migliore assistenza a bambini in cerca di sorrisi. Malformazioni da correggere che richiedono mani esperte, un team che deve entra in sintonia alla svelta.  Ho conosciuto colleghi straordinari, di ogni parte del mondo. Esperienze uniche che amo condividere con i miei familiari, con i colleghi di Perugia. Qualcuno continua a chiedermi se mi sono stancata, se il viaggio e i trasferimenti sono stato faticosi. A tutti rispondo che non si tratta di una vacanza, ma anche che le soddisfazioni sono copiose. Vedere genitori che ti abbracciano dopo una lunga seduta operatoria e dopo il risveglio del loro bambino, non ha prezzo. Sono consapevole che il mio contributo è la classica goccia per riempire l’oceano, ma come me ci sono tante altre gocce e i risultati si vedono».

Non si esalta e forse questa storia di grande umanità neppure avrebbe voluto raccontarla. A segnalarci la mosca bianca è stata una sua collega, che forse si aggregherà al gruppo dei volontari in un futuro non lontano. «A chi mi chiede se i pazienti dell’ospedale non mi bastano e dovrei dedicarmi solo a loro, rispondo che non è giusto che vi siano discriminazioni nella malattia, in Africa  le risorse sono minime e ogni azione che si fa verso quelle popolazioni, vale il doppio». Non resta che confidare che le mosche bianche si moltiplichino.

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