Per fortuna che ci sono ancora le mosche bianche, le persone che non antepongono i propri interessi a quelli della collettività. Mosche bianche che si preoccupano degli altri. Di qualsiasi razza, di qualsiasi ceto sociale. Tiffany Falcinelli non si ritiene un’eccezione visto che ha scelto di occuparsi dei fragili, dei malati di ogni età, da quando ha finito gli studi, una laurea in scienze infermieristiche con il massimo dei voti: «Ho studiato all’università di Tor Vergata, ho una madre è di origine francese e di qui il mio nome, che ingenera sempre tanta curiosità. Ho scelto subito dopo gli studi di trasferirmi in Umbria e ho lavorato prima in una clinica privata e dopo qualche anno sono stata assunta dall’ospedale di Perugia. Per 12 anni ho lavorato in sala operatoria e da due anni e mezzo in Rianimazione». Una scelta per amore e non per necessità, e qui la mosca inizia ad essere di un bianco sfumato: «La passione per l’assistenza ai malati me l’ha trasmessa mia madre Corinne, che per anni ha lavorato in un ospedale di Roma e sempre lei ha fatto nascere in me il desiderio di non fermarmi al lavoro abituale, ma di pensare che la mia professione poteva essere utile anche in paesi e contesti molto diversi». È difficile pensare possa esistere una donna sposata, con una bambina adolescente, che culli il sogno di dedicare le sue ferie ai bambini dell’Africa : ebbene, Tiffany, incoraggiata dalla madre che quella esperienza l’ aveva già fatta ed apprezzata al punto di trasferirsi nello stato del Bangui, al centro del Continente nero, è rieccita a ad avere l’adesione di Francesco, il marito che aveva provato a dissuaderla senza successo. Troppo alto era il desiderio di maturare altre esperienze professionali; l’assistenza in ospedale non le bastava più : internet e amicizie fidate le hanno offerto la possibilità di contattare una associazione internazionale, Emergenza Sorrisi, Ong che si occupa di operare bambini colpiti da gravi malattie del volto ( labio palatoschisi) e patologie correlate ad esiti di gravi ustioni. «Mi recai a Roma per un colloquio, con un curriculum già robusto e la speranza di essere scelta. Passò del tempo prima di avere notizie e ogni tanto rilanciavo il mio desiderio via mail. Nel frattempo era arrivato il dono più importante della mia vita, mia figlia Alice e nonostante le priorità si fossero stravolte, il desiderio di partire era ancora dentro di me». Quattro anni fa, la prima convocazione: dall’altra parte del telefono una richiesta : «Vuoi venire in Iraq? Organizzati, ti aspettiamo». Amiche e colleghe provarono a fermare Tiffy, come la chiamano tutti, ma senza risultato. «Mi sono sentita dire tante volte: " Ma non ti basta quello che fai ? Ma dove vai con una bimba piccola da accudire, non pensi che possa avvertite la tua assenza ? Considerazioni giuste, ma ho sempre desiderato alzare l’asticella, andare oltre la routine.
Non si esalta e forse questa storia di grande umanità neppure avrebbe voluto raccontarla. A segnalarci la mosca bianca è stata una sua collega, che forse si aggregherà al gruppo dei volontari in un futuro non lontano. «A chi mi chiede se i pazienti dell’ospedale non mi bastano e dovrei dedicarmi solo a loro, rispondo che non è giusto che vi siano discriminazioni nella malattia, in Africa le risorse sono minime e ogni azione che si fa verso quelle popolazioni, vale il doppio». Non resta che confidare che le mosche bianche si moltiplichino.