Perugia, a giudizio avvocati e imprenditori per i fallimenti col trucco

Perugia, a giudizio avvocati e imprenditori per i fallimenti col trucco
di Michele MIlletti
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Domenica 13 Giugno 2021, 08:30

PERUGIA - Un «sistema di bancarotte seriali» i grado di produrre un danno di oltre quattro milioni di euro a creditori di imprese fallite e al fisco. Per questo, nei giorni scorsi, nove tra professionisti e amministratori di società sono stati rinviati a giudizio dal giudice per l’udienza preliminare, Natalia Giubilei.
I fatti risalgono al biennio 2015-2016. Gli investigatori della guardia di finanza, coordinati nelle indagini dalla stessa Comodi e dal collega Massimo Casucci, avevano individuato un «collaudatissimo sistema dell’”apri e chiudi”» con nuove società, è scritto nelle carte dell’indagine, «create e fatte operare per essere poi abbandonate quando hanno accumulato ingenti debiti, specie erariali, con successiva distrazione delle loro attività patrimoniali in capo a new companies subentranti, a loro volta spogliate delle liquidità su di loro fatte fraudolentemente convergere».
L’indagine prese le mosse dal fallimento di un’azienda perugina operante nel settore della commercializzazione di prodotti energetici che nel corso degli anni - è emerso dagli accertamenti - aveva omesso di pagare sia i principali fornitori sia le imposte. Quindi, per farne perdere le tracce, i capitali accumulati venivano distratti - ritengono sempre gli investigatori - a favore di alcune società di comodo intestate a prestanome che attraverso «alchimie contabili» riversavano il denaro nelle casse degli indagati. Tra i beni così sottratti figuravano immobili, auto, denaro per alberghi, viaggi (anche in Mongolia) e vestiti di lusso, imbarcazioni.
Un sistema che, secondo inquirenti e investigatori, aveva il suo fulcro nell’avvocato perugino Domenico Accica, ritenuto responsabile di aver fornito Gianandrea Rudelli e Francesco Fiorelli, amministratori di società (finiti ai domiciliari nel 2019), gli strumenti giuridici per dissimulare i trasferimenti di capitale ottenendo in cambio una parte dei proventi. Il tutto utilizzando prestanome. Per questo motivo, gli investigatori delle fiamme gialle perugine sono convinti di aver disarticolato un sistema «ampiamente collaudato che negli anni ha inquinato l’economia della provincia perugina e non solo».
E ora, dopo le sentenze di non luogo a procedere per Fiorelli (difeso dall’avvocato Michele Nannarone) e gli assistiti dell’avvocato Roberto Quirini, e dopo l’accoglimento delle richieste di patteggiamento per  Liliana Hajdari a due anni, Servete Hajdari e Roberto Buoncristiani entrambi a uno, i nove rinviati a giudizio attraverso i propri legali (tra gli altri, gli avvocati Franco Libori e Massimo Brazzi) sono pronti a dare battaglia per far valere le proprie ragioni.
 

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