Perugia, ecco chi sarà
il prossimo Rettore

Franco Moriconi, Rettore uscente
di Alessandro Campi
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Venerdì 3 Maggio 2019, 17:16
PERUGIA - Chi sarà il futuro Rettore nessuno può dirlo con certezza: troppi candidati, ben otto, tutti egualmente forti (o egualmente deboli). Saranno decisive le alleanze e gli accordi dopo il primo turno di voto, quando bisognerà mandare avanti non chi avrà ottenuto più consensi degli altri (magari pochi in termini assoluti), ma chi potrà ottenerne ancora di più per il fatto di essere il candidato in grado di aggregare meglio gli elettori in vista del ballottaggio finale.

Si può invece provare a ragionare sul suo profilo ideale, sulle parole-chiave che dovrebbero caratterizzarlo: ognuno potrà alla fine appiccicare all’elenco che segue il cognome che preferisce o riconosce.

1. Indipendenza. Dalla politica e da qualunque potere esterno. Detta così fa quasi ridere, visto che tutti i candidati si dichiarano campioni di autonomia. Ma la recente inchiesta sulla sanità in Umbria, con gli effetti politicamente devastanti che ha prodotto, dimostra che le cose stanno diversamente: un conto sono le buone intenzioni dichiarate, altro le scelte concrete effettuate. In modo del tutto legittimo, almeno due candidati hanno ricercato una copertura politica, ritenendo che la sinergia con istituzioni e gruppi di potere locali fosse funzionale alle loro ambizioni e potesse persino fare il bene dell’Ateneo. La deflagrazione giudiziaria delle settimane scorse ha mostrato la fallacia d’un simile ragionamento. La vicinanza dell’Università alla politica (e alle sue intrinseche logiche clientelari) procura più danni che vantaggi.

2. Dialogo. L’università – tra docenti, personale e studenti – è una comunità aperta e articolata, ma proprio per questo potenzialmente conflittuale, visti gli interessi non sempre convergenti di chi opera al suo interno. Serve dunque alla sua guida un federatore, qualcuno che abbia un tratto (anche personale) incline al confronto, alla conciliazione e alla mediazione. Guai se dovesse farcela un candidato che abbia già pronte le liste di proscrizione o l’elenco degli amici fidati da piazzare nei posti di comando. In questo momento, di tutto l’Ateneo ha bisogno meno che di una personalità divisiva o che arrivi alla carica convinto di doversi prendere chissà quale rivincita sul prossimo (a partire dai colleghi).

3. Competenza. Il desiderio di cambiamento e novità per il dopo-Moriconi non può spingersi sino a trascurare l’importanza che rivestono l’esperienza e la capacità gestionale. Per guidare una macchina complessa sul piano tecnico-amministrativo qual è l’Ateneo bisogna avere dato prova di saperlo fare, anche se ad un livello organizzativo inferiore. Avere (ben) diretto un Dipartimento o ricoperto incarichi istituzionali di rilievo diciamo che è il titolo minimo richiesto per proporsi credibilmente come Rettore.

4. Realismo. Si sono sentite in queste settimane le promesse un po’ farlocche tipiche di ogni campagna elettorale. I ricercatori trasformati tutti in associati senza aggravi di bilancio. La convenzione sulla sanità sottoscritta con la Regione in cinque settimane. Premi Nobel chiamati a insegnare a Perugia. Soldi a palate da reperire col fund raising come se fossimo negli Stati Uniti (ma siamo e dobbiamo restare un Ateneo pubblico). Chi vive in ambiente universitario dovrebbe essere sordo alla demagogia e scegliere guardando alle cose fattibili non a quelle improbabili.

5. Visione. In un mondo dell’alta ricerca e formazione che cambia rapidamente, serve un Rettore capace di ragionare in termini di strategia, che non si limiti a gestire l’esistente e soprattutto che guardi oltre i confini regionali. L’internazionalizzazione di cui tanto oggi si parla è prima di tutto un atteggiamento mentale, ma richiede anche capacità progettuale e spirito d’iniziativa. Bisogna riorganizzare l’Ateneo, con le forze che si hanno, per renderlo più competitivo, più attraente e più funzionale. Si può essere ambiziosi senza essere velleitari.

6. Innovazione. I programmi sono tutti eguali? Per niente. Chi li abbia letti (speriamo tutti i votanti) avrà certamente notato le differenze (in alcuni casi abissali) nelle proposte dei candidati: tra quelli che si sono limitati a svolgere un compitino (avendo come unico obiettivo raggranellare un po’ di voti da rivendersi al secondo-terzo turno) e quelli che hanno provato a farsi venire qualche idea nuova. C’è da sperare in un voto responsabile e informato: non per gruppi, cordate, dipartimenti, blocchi disciplinari, filiere amicali, ma a partire da un ponderato giudizio individuale sulle cose che si sono sentite in questa campagna elettorale.

7. Autorevolezza. Se non la si possiede alla fonte (per essere studiosi apprezzati e riconosciuti anche oltre i confini regionali) non può darla solo la carica. Essa servirà al nuovo Rettore per poter efficacemente interloquire col mondo esterno: dalle istituzioni-organizzazioni locali a quelle nazionali ed europee. Va bene un Rettore perugino per l’Università di Perugia: ma se si pensa che questo sia un titolo preferenziale o di merito (mentre al massimo è solo un dettaglio biografico) si dà solo segno d’un inguaribile e deleterio provincialismo.

8. Pluralismo. In un grande Ateneo come Perugia circolano visioni, idee, pensieri, convinzioni per definizione molteplici. E’ una ricchezza da rispettare e conservare. Un Rettore settario, che sia portatore di una visione politico-culturale esclusivista o che sia caratterizzato da appartenenze troppo marcate (ideologico-partitiche o d’altra natura) non è francamente ciò che serve ad una comunità che vive soprattutto della propria libertà interna.

9. Rispetto. Per la verità delle cose e per un’esperienza, quella di Moriconi Rettore, che è stata nel complesso assai positiva (con le inevitabili ombre e mancanze d’ogni gestione). Bisogna partire da ciò che si è fatto negli ultimi sei anni (molto) per andare oltre e fare di più: chi spara a zero sul recente passato per ragioni di animosità personale o per accreditarsi come il nuovo contro il vecchio (non essendolo) rischia solo di avvelenare il clima d’un Ateneo che in questi anni ha ritrovato unità e condivisione d’obiettivi.

Ciò detto, quanti candidati rispettano (in tutto o in parte) queste caratteristiche? A mio giudizio almeno cinque (che indico in rigoroso ordine alfabetico): Cotana, Figorilli, Mazzeschi, Santambrogio e Tei. Aggiungo che personalmente preferirei un Rettore d’estrazione umanistica: per un elementare principio d’alternanza, dopo vent’anni circa nei quali l’Ateneo è stato guidato da docenti d’estrazione scientifica (prima Medicina, poi Veterinaria). Sono altresì convinto che un Rettore ‘umanista’ con il profilo sopra indicato saprebbe ben garantire l’autonomia delle due grandi aree medica e ingegneristica, con le loro peculiari esigenze. Ancora pochi giorni, e vedremo come finirà.
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