Perugia, cartomante a processo:
«80 mila euro per una macumba»

Perugia, cartomante a processo: «80 mila euro per una macumba»
di Enzo Beretta
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Giovedì 14 Novembre 2019, 10:11
Stanno venendo al pettine i nodi per la cartomante perugina finita agli onori delle cronache con l'accusa di aver incassato milioni di euro completamente «in nero». Se la questione con l'Agenzia delle Entrate è stata definita con una sorta di patteggiamento tributario che soddisfa, e non poco, la difesa, poiché la stragrande maggioranza delle contestazioni inizialmente mosse si sono sgretolate, un'altra importante risposta è attesa ora dalla magistratura: a giugno, infatti, il giudice Carla Giangamboni emetterà la sentenza penale su uno dei fascicoli penali in cui la donna è imputata per truffa aggravata.

Dalle indagini è emerso che nel tempo sono state ingannate casalinghe, uomini di affari, imprenditori e pensionati che si rivolgevano a lei per conoscere il proprio futuro. Proprio ieri in tribunale è stato sentito un militare della guardia di finanza che ha svolto verifiche sui contatti telefonici della maga e su alcuni bonifici incassati. Nel caso di specie l'imputata, difesa dagli avvocati Francesco Falcinelli e Alessandro Di Baia, prometteva di «togliere la macumba» a una coppia di fidanzati. «Richiedendo e sollecitando - si legge nelle carte della Procura - l'effettuazione di pagamenti». Stando alla ricostruzione degli investigatori si era rivolta a lei una donna, oggi parte civile attraverso l'avvocato Vincenzo Bochicchio, alla quale in qualche maniera era stata prospettata «la risoluzione dei suoi problemi sentimentali con l'ex fidanzato attraverso una serie di riti esoterici». Per l'imputata, accusata di truffa aggravata, non era stato difficile convincere la poveretta a chiamare alcuni numeri.

La «macumba» da togliere, però, a quale prezzo? Circa 80 mila euro, è emerso dalle indagini. «Il mago Eldor avrebbe potuto mandare alla persona offesa momenti di ira o di felicità - diceva - nei quali avrebbe potuto suicidarsi». E così la disperata innamorata veniva «indotta in errore» mentre la società di cui l'imputata è titolare incassava un «ingiusto profitto». Quattro tronconi di pagamento, avvenuti tra l'estate 2013 e l'inizio del 2014, così suddivisi: 35.600 euro «mediante bonifici sul numero Iban del conto di Poste Italiane», 18.000 sul conto aperto all'Unicredit e intestato alla società, 23.110 «mediante l'invio di 11 vaglia postali di tipo veloce» e 5.340 euro erogati attraverso «42 ricariche della carta di credito». In questo modo - spiega negli atti il pubblico ministero - «nella persona offesa è stato ingenerato il timore di un pericolo immaginario» e vale come aggravante «il danno patrimoniale di rilevante entità». Il processo è iniziato nel settembre 2017 davanti al giudice Alessandro Pazzaglia ma il fascicolo è poi passato sulla scrivania dell'attuale presidente della sezione penale Carla Giangamboni che, se non ci saranno complicazioni, dovrebbe emettere la sentenza entro la metà del prossimo anno. Tra le fonti di prova elencate c'è anche la denuncia della persona offesa. 
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