Basta aggressioni in corsia: l'ospedale chiede i danni ai violenti

Il pronto soccorso dell'ospedale di Perugia
di Egle Priolo
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Lunedì 23 Agosto 2021, 08:46

PERUGIA - Sulle aggressioni al personale sanitario in ospedale, il Santa Maria della misericordia non scherza: se alle denunce personali segue il processo l'Azienda ospedaliera chiede pure i danni. Una presa di posizione decisa, che magari può agire anche da deterrente per il futuro: medici, infermieri e sanitari hanno il diritto di lavorare in sicurezza.

Si immagina siano queste le motivazioni che hanno spinto la direzione generale dell'ospedale di Perugia a deliberare di costituirsi parte civile nell'eventuale procedimento a carico dell'uomo, all'epoca cinquantenne, che nel giugno 2019 colpì al volto un infermiere in pronto soccorso. In base a quanto ricostruito e raccontato nell'immediatezza del fatto dal direttore della struttura di urgenza - emergenza Paolo Groff, l'uomo, familiare di un paziente ricoverato, aggredì il sanitario mentre stava raccogliendo alcune informazioni riferite da un altro paziente. L'aggressione avvenne nel cosiddetto Triage, il locale dove il personale infermieristico raccoglie le prime informazioni sanitarie assegnando un grado di priorità nell'assistenza sia per quei pazienti che raggiungono il pronto soccorso autonomamente che per quelli che vi accedono con il servizio del 118. Un'aggressione totalmente ingiustificata, per cui l'infermiere ottenne la solidarietà della direzione anche per il suo comportamento, definito «esemplare». «In quel momento, peraltro, non c'era alcun affollamento in pronto soccorso – raccontò all'epoca Groff - e sicuramente, nel giro di pochissimi minuti, sarebbe stata esaudita la richiesta di informazioni avanzata dall'aggressore. Chi è in prima linea merita di essere rispettato; il fenomeno della violenza fisica e verbale in pronto soccorso non è recente, ma va fronteggiata tempestivamente proprio per tutelare la sicurezza di chi lavora e di chi ha necessità di cure tempestive, nel rispetto delle regole».
Parole precise che, appunto, hanno solo anticipato la determinazione dell'Azienda ospedaliera che – dopo essere stata indicata come parte offesa nel procedimento - ha deliberato nei giorni scorsi la volontà di chiedere i danni all'aggressore se dovesse andare a processo, come sostenuto nella richiesta di rinvio a giudizio per lesioni e interruzione di pubblico servizio firmata dalla procura della Repubblica.

Da qui, l'affidamento dell'incarico all'avvocato Fabrizio Spinelli.

E il caso del 2019 (su cui ci fu addirittura un'interrogazione in consiglio regionale) è stato solo uno di quelli segnalati negli ultimi anni: oltre alla recente aggressione di un medico fiscale, il più grave si verificò nel 2011 con un ottantenne che si presentò in pronto soccorso con una pistola, minacciando due medici e un infermiere. Il motivo? L'anziano sostenne di non essere stato curato bene e di volersi vendicare: denunciato, nei suoi confronti ci fu una dichiarazione di incapacità a sostenere il processo.
Casi limite, ovviamente, ma che Aziende sanitarie e ospedaliere stigmatizzano e vogliono assolutamente stoppare, soprattutto considerando che non sono casi isolati. In base a una statistica resa nota proprio nel 2019 dalla Usl Umbria 1 «sono in media tre al giorno le aggressioni denunciate in Italia dagli operatori sanitari. Soltanto nell’ultimo anno le violenze denunciate sono state 1.200, di cui 456 hanno riguardato gli addetti al pronto soccorso». Numeri che – insieme a un corso di autodifesa contro le aggressioni in ospedale organizzato a Città di Castello – hanno portato la Usl a stilare un decalogo su come comportarsi in queste situazioni. Un insieme di indicazioni e di «tecniche verbali per disinnescare o abbassare il livello di una situazione esplosiva». Cosa fare se arriva un paziente particolarmente aggressivo? Mantenere sempre la calma e parlare con un tono modulato senza porsi sulla difensiva. Non toccare mai il paziente e mantenersi a distanza: il contatto fisico, infatti, può essere percepito come minaccioso dall’utente. Inoltre il medico o l'infermiere deve sempre mostrarsi gentile e cercare di rispondere a tutte le domande, anche quando vengono poste con arroganza. Nel caso in cui le procedure non funzionino, è necessario chiedere aiuto alle forze dell’ordine o ai colleghi.

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