Pasta, frutta e verdura: la corsa estiva dei prezzi. In Umbria, inflazione ormai sopra l'8%

Nella foto d'archivio un reparto verdure al supermercato
di Fabio Nucci
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Domenica 3 Luglio 2022, 08:46

Hanno colpito duro i rincari energetici, ma ora è la carenza idrica a far sentire i suoi effetti sui listini dell’ortofrutta in Umbria. Il paniere ufficiale Istat, con le rilevazioni nei due capoluoghi, dice che in un anno i prezzi sono cresciuti del 7,14% e tale corsa, stando alle anticipazioni nazionali, è continuata a giugno. Insalata e limoni sono rincarati del 24%, i pomodori ciliegini quasi del 60% e persino le mele costano in media dal 10 al 15% in più.
Acquistare frutta e verdura è diventato quasi un lusso ma pur di non rinunciare si riducono quantità e, sempre più spesso, la qualità. «L’Umbria rispecchia l’andamento generale dei prezzi – osserva Carla Falcinelli, presidente del Codacons Umbria – e in queste ultime settimane i prezzi di certa frutta, con la produzione arrivata a fine stagione, sono raddoppiati, come le ciliegie». Per la varietà “duroni”, ad esempio, a Perugia i prezzi variano dagli 8,50 ai 12 euro al chilo, passando dai supermercati ai fruttivendoli. Alla luce dei prezzi dell’ortofrutta di giugno, l’indice dei prezzi regionale è destinato a superare l’8%. «Questo avrà effetti pesantissimi sui bilanci di una famiglia media - aggiunge Falcinelli – per la quale abbiamo stimato una spesa aggiuntiva di quasi 2.500 euro». Il rischio è tornare a un tasso di inflazione a due cifre, considerando anche lo scatto di prezzi come pane (11,3%), pasta (16,5%) e farina (45%). «Non tutti gli aumenti sono giustificati dai problemi del momento», avverte Ada Girolamini, presidente regionale Adoc. «Siamo preoccupati per le speculazioni contro le quali deve intervenire “Mister Prezzi” che ha una funzione di controllo e verifica, anche su segnalazione dei cittadini, proponendo azioni mirate al governo. Come Adoc, abbiamo chiesto di vigilare anche sul fenomeno dello “shrinkflation”: per settimane ci hanno detto che i prezzi della pasta e del riso non erano aumentati, scoprendo che nelle quantità c’era una quantità inferiore».
Dove non colpisce il caro-energia, c’è il meteo ad aumentare i problemi. «I prezzi di finocchi e pomodori stanno battendo il record degli aumenti – aggiunge Falcinelli – con ritocchi praticati su prezzi già elevati».

A maggio il prezzo medio dei finocchi tondi risultava aumentato del 36,5% rispetto allo stesso mese del 2021, mentre i pomodori da insalata ciliegini rossi hanno subito un rincaro del 59,7%, passando da 2,83 a 4,52 euro al chilogrammo. Al supermercato, il prezzo delle albicocche “super” sfiora i 4 euro, quello delle pesche bianche “extra”, i 3,50. Già a fine stagione la produzione dei fagiolini che costano fino a 9 euro. «Come negozio li abbiamo pagati 8 euro al chilo e già la prossima settimana rischiano di sparire dal bancone», spiega Fabio Giustini, titolare negozio Italfrutta di Perugia-San Sisto. «Certi prezzi ora sono causati più dal caldo che dai rincari energetici. La poca acqua usata per irrigare, ci ha spiegato un produttore locale, viene assorbita dalle piante e non riesce ad arrivare al prodotto, alla zucchina come al melone». Il cui prezzo è di quasi 3 euro, così come supera l’euro quello dei cocomeri. «Ci sono anche prodotti a prezzi inferiori, 29 cent quelli che arrivano dal Lazio, o la pesca piccola che potremmo vendere a 70/80 cent al chilo: entrambi forse si vendono forse al mercato, ma non a negozio». Certi prezzi non sfuggono ai clienti, ma non tutti demordono. «Chi è abituato a comprare ciliegie, invece che un cestino, ne compra la metà o meno», aggiunge Giustini. Sta cambiando l’approccio del cliente-consumatore. «È meno arrabbiato e ora è quasi rassegnato», spiega Samuele Tognaccioli, presidente regionale Fida-Confcommercio. «Non guarda più il prezzo ma a come spendere meno e per farlo nel 60% dei casi si opta per la bassa qualità. Come venditori stiamo subendo un effetto moltiplicatore che produce rincari quotidiani, in media in 20-25 articoli sui 12mila che trattiamo e non è più solo un problema di materie prime. Come Fida-Confcommercio, ad esempio, chiediamo agli associati di cambiare fornitori se si sospettano speculazioni, facendosi trovare pronti – informandosi e formandosi - a un mercato che cambia, nel quale il bello e il buono siamo convinti non finirà mai».

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