"Tutto in famiglia". 3/ Il figlio
di Eugenio Raspi

"Tutto in famiglia". 3/ Il figlio di Eugenio Raspi
di Eugenio Raspi
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Venerdì 10 Aprile 2020, 09:45

Il esclusiva per "Il Messaggero" il primo racconto sulla pandemia dello scrittore Eugenio Raspi.


Alessio è disteso sul letto, le scarpe da ginnastica ai piedi, le cuffiette appiccicate alle orecchie, ascolta una selezione di brani rap da una compilation su Youtube. È rimasto solo in cameretta dopo i bisticci con la sorella, non lo lasciava in pace perché voleva giocare con lui. Era intervenuta la madre che si era portata Nicole con sé.
«Vieni amore, io e te andiamo a preparare la crostata alle prugne. La dai una mano alla mamma per l’impasto?»
«Sì, certo.»
«Lasciamo  perdere quest’antipatico di fratello, per punizione lo chiudiamo a chiave.»
La sorellina era uscita mostrandogli la linguaccia, lui, senza farsi accorgere dalla madre, le ha mostrato il dito con un gesto volgare. Non fosse per la sorella tra i piedi, con le bambole e i giochini scemi, stare a casa senza scuola è una vera botta di culo, la perfetta risposta ai suoi desideri. Era l’effetto Coronavirus. Sentiva in tivù tutte le questioni sul nuovo male che stava terrorizzando le persone, anche se non ci aveva capito molto. I genitori erano preoccupati, sua madre in particolare, però lui non ne comprendeva il motivo, l’influenza l’aveva presa ai primi di dicembre, la febbre alta era stata una scocciatura, ma restare a letto lo aveva trovato sopportabile raffrontato con due ore filate di latino, la convalescenza era un periodo di tregua dalle snervanti lezioni quotidiane.
L’impatto con il primo anno al liceo era stato traumatico, a pesargli, oltre ai nuovi compagni, le tante materie scientifiche e gli insegnanti vecchi quanto sua nonna, a parte il professore di scienze naturali, appena laureato e pure simpatico, le sue due ore di spiegazioni erano le uniche in cui non si annoiava. In questi primi giorni a casa, dai docenti arrivavano messaggi sul telefonino con delle letture consigliate, oltre al ripasso degli argomenti dei libri di testo già affrontati, tramite il gruppo di WhatsApp creato dalla prof di italiano e da quello di scienze, avevano inserito anche il trombone di matematica e l’acida zitella di storia e geografia che lo aveva preso sott’occhio dopo la sua sparata durante l’interrogazione di Elena Listanti, compagna anche alle medie, la secchiona stava ripetendo parola per parola l’intero capitolo sugli Achei alle prese con la conquista delle altre popolazioni elleniche, in un momento di silenzio si era sentita distintamente la battuta greve di Alessio che faceva riferimento a Troia, non certo riferendosi al cavallo o alla guerra.
Liberatosi dal peso della sorella, la cameretta era un perfetto guscio dove attendere gli allenamenti pomeridiani al campo di calcio, unica parentesi di gioia assoluta. Nel frattempo, gli rimaneva tempo per curiosare i tanti video su Tik Tok, insieme alle sbirciate degli album su instagram a ingrandire sul display con indice e pollice le foto postate dalle diciottenni, vere o presunte, senz’altro meno noiose delle coetanee, e che mostravano molto di più. Alla fine dell’allenamento di mercoledì scorso, alcuni compagni avevano fatto girare nello spogliatoio delle immagini di due ragazzine del liceo, del terzo anno, erano state riprese di nascosto ubriache perse mentre si erano appartate con dei ragazzi, uno di questi giocava negli allievi.
Sua madre appare dalla porta, gli parla, lui osserva il movimento delle labbra senza muovere un dito, vedendo l’espressione del suo viso che si va alterando, si decide a togliere un auricolare.
«Che vuoi?»
«Ti ho chiesto se la doccia te la sei fatta.»
«Sì. Dopo l’allenamento.»
«Ma se ieri non vi siete allenati.»
«Ah, beh, tanto son stato sempre a casa non mi sono mica infettato.»
«Sta di fatto che io e tuo padre fuori ci andiamo, se non vogliamo morire di fame qualcuno deve pur guadagnarsi il pane e andare a fare la spesa. Ora te la vai a fare subito di filata, e intanto che ci cammini sopra, raccogli tutti i tuoi panni sudici che metto avanti la lavatrice.»
«Che rompipalle che sei.»
«Chi rompe semmai sei tu. Pure con Nicole te la prendi, che ti adora. Non apri un libro, mai che ti vedo scrivere qualcosa. Ci mancava la chiusura della scuola per mandarmi al manicomio.»
«A chi lo dici, era meglio quando te ne andavi a lavorare.»
«E pensi che sia felice di ritrovarmi bloccata in casa?»
«Tu non lo so, io la trovo una disgrazia.»
«Non ti rispondo nemmeno, non te lo meriti.»
Alessio, vedendo che sua madre non schioda dalla cameretta, si alza a fatica e va verso la porta, le passa accanto senza degnarla di uno sguardo, mentre entra in bagno lei inizia a raccogliere magliette, felpe e pantaloni della tuta, liberando il pavimento.
Lui si chiude a chiave, lascia scorrere l’acqua della doccia, si bagna il volto e inumidisce i capelli prima di uscire fuori per l’ispezione del sergente maggiore in gonnella. La madre enfatizzava ogni aspetto igienico, ha la fissa dei lavaggi. È in paranoia, lo costringe a pulirsi di continuo anche se non deve uscire per andare a scuola. Fortuna che suo padre oggi è andato al lavoro, nei giorni che rimane a casa, Alessio è costretto a stare fisso sui libri essendo raddoppiata la sorveglianza che vigila sulla sua istruzione. Tanto lui non baratterà mai un nove a un’interrogazione con un gol in sforbiciata o una punizione a effetto, a togliere le ragnatele dall’incrocio. Più di una volta lo hanno minacciato, se il rendimento scolastico non migliorava gli avrebbero proibito gli allenamenti, spalleggiava la madre nel tenerlo sotto controllo, i recenti colloqui coi professori non erano stati soddisfacenti, quei rompiscatole non si accontentavano della sufficienza pretendevano da lui il massimo impegno.
Ritorna in camera, guarda sul cellulare, ci sono molti messaggi nella chat della squadra. Il primo dei non letti è dell’allenatore: a partire da oggi erano sospesi allenamenti e gare di campionato. 
Scrive in risposta un No lunghissimo con tante “o”. Eccola la vera tragedia. Non bastava che sua madre aveva escluso cinema, parco pubblico e la consueta pizza della domenica sera, colpa della paura del contagio. Ora gli toglievano pure il calcio. E adesso, quel virus che scorrazzava per l’Italia gli stava un po’ meno simpatico.

3.

Continua

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