«Overdose». «No, omicidio». Dopo 10 anni di battaglia della famiglia decide un errore: distrutti i reperti sulla morte di Nicola Romano a Perugia

La procura di Perugia
di Egle Priolo
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Sabato 15 Aprile 2023, 06:45

PERUGIA - «È stato commesso un gravissimo errore, sono stati distrutti i reperti sulla morte di mio fratello Nicola con un’indagine riaperta». A parlare è Maria Chiara, la sorella di Nicola Romano, dopo la terza richiesta di archiviazione da parte della procura sulla morte del 26enne, avvenuta nell'agosto 2013 nel suo appartamento in via Mater Dei. Secondo gli inquirenti si è trattato di una morte per overdose ma la famiglia si è sempre opposta, arrivando a ottenere otto anni dopo la riapertura del caso. «Era il 2021 - ricostruisce Maria Chiara - quando portammo quegli elementi di novità che ci erano stati chiesti per riaprire la indagini sulla morte di mio fratello». In particolare analisi fatte svolgere dalla famiglia sul telefono, i suoi contatti, sulla scatoletta gps della macchina ma anche testimonianze e messaggi via social secondo cui Nicola, pochi giorni prima di morire, pare temesse per la propria vita al punto di pensare di andare via da Perugia.

«Sparisce per due giorni - riassume la sorella - finché non viene trovato morto sotto un tavolo, con la maglietta alzata e le braccia chiuse come se volesse difendersi, lividi freschi e casa a soqquadro». Dopo che le indagini e l’autopsia portano la procura alla conclusione che sia morto per overdose, la famiglia nomina un medico legale, il dottor Giovanni Pioda, e un consulente tossicologico per svolgere tutti gli accertamenti di parte. «Ma c’è di più, dal momento che viene nominato a insaputa del primo anche un altro tossicologo, e la conclusione cui giunge è la stessa del primo: Nicola non può in alcun modo essere morto per overdose, perché il quantitativo di droga trovato nel suo corpo non poteva in alcun modo causarne la morte», sottolinea Chiara. Secondo i due periti, nel corpo di Nicola sarebbero stati trovati 7 ng/ml di morfina considerati non sufficienti per portarlo al decesso. Sulla base dei dati precedentemente assunti dal consulente della procura, il medico legale nominato dalla famiglia «vede una invece una morte asfittica. Le petecchie viste sui polmoni - continua la sorella di Nicola - ci è stato spiegato possano subentrare solamente quando c’è una mancanza di ossigeno. Dunque mio fratello probabilmente è morto per soffocamento, e questo spiegherebbe il cuscino a fianco del suo corpo».
Si arriva allo scorso novembre quando il gip rigetta la seconda richiesta di archiviazione avanzata dal procuratore aggiunto Giuseppe Petrazzini «chiedendo - ricostruisce Maria Chiara - di sentire i testimoni e di analizzare dna e impronte digitali sui reperti». Ed ecco il colpo di scena: giovedì viene notificata alla famiglia Romano una nuova richiesta di archiviazione, che ripercorre la storia di questo triste fascicolo, ma soprattutto sottolinea l'impossibilità di eventuali nuove analisi perché i reperti sarebbero andati distrutti un mese dopo la relativa disposizione del tribunale, datata 20 aprile 2022. «Le indagini erano aperte - torna a ribadire la sorella di Nicola - è incredibile e grave che siano stati buttati i reperti per errore». Un giallo nel giallo: tra i reperti magari c'era anche la famosa siringa da insulina trovata poco distante dal corpo di Nicola, ma senza alcun ago.
Un nuovo mistero, quindi, che si aggiunge agli atti vandalici sulla sua tomba, deturpata da insulti.

Ma soprattutto un'altra mazzata. Che però non piega la sorella e i familiari di Nicola. Che Già pronti, assistiti dagli avvocati Barbara Romoli e Anna Beatrice Indiveri, non solo a fare opposizione a questa nuova richiesta di archiviazione «ma se è necessario anche procedere con un esposto alla procura generale».

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