Omicidio del piccolo Alex, i medici: «Crudeltà e ferocia nelle coltellate». La madre ha un malore in aula

Katalin e Alex
di Egle Priolo
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Martedì 14 Febbraio 2023, 07:31

PERUGIA - Lei ha sempre detto che Alex dormisse. Se fosse addormentato davvero non si saprà mai, ma di certo non era stato sedato quando quelle sette coltellate inferte dalla madre lo hanno ucciso. È uno dei particolari agghiaccianti emersi ieri nell'udienza davanti alla Corte d'assise che dovrà decidere se Katalin Erzsebet Bradacs è colpevole di omicidio aggravato e premeditato del figlio di due anni Alex Juhasz, ucciso a coltellate a Po' Bandino il primo ottobre del 2021.

Bradacs ha di fatto confessato ma la sua difesa, con l'avvocato Enrico Renzoni, si gioca ora sulla sua capacità di intendere e di volere al momento dell'omicidio: capacità «scemata ma non esclusa» da una delle due perizie effettuate nel corso dell'incidente probatorio, ma su cui la difesa ha già anticipato la richiesta di un ulteriore approfondimento nel corso del processo davanti a giudici togati e popolari. Che ieri, appunto, hanno ascoltato la testimonianza della tossicologa chiamata dal pubblico ministero Manuela Comodi a effettuare analisi sul piccolo Alex, per capire se in qualche modo fosse stato sedato e quindi in stato di semi incoscienza prima delle coltellate. Gli accertamenti hanno dato esito negativo, con la radiologa invece che ha invece anche confermato l'estrema violenza dei colpi, considerando la profondità raggiunta dalla lama emersa dagli esami radiografici. Particolari non utili per indugiare nell'orrore, ma che alla procura evidentemente servono per dimostrare la violenza dell'omicidio di un piccolo angelo biondo, vittima – secondo le accuse – di una vendetta contro il padre Norbert che ne aveva da poco ottenuto l'affidamento dopo una battaglia giudiziaria in Ungheria e che, appunto, avrebbe dato l'inizio alla fuga di Bradacs in Italia.
Altrettanto drammatica è stata poi la testimonianza di due cassiere e di un responsabile del supermercato di Città della Pieve in cui Bradacs è entrata con il corpo del figlio tra le braccia per adagiarlo sul nastro trasportatore della cassa numero 11. «Aiuto, non respira più», avrebbe detto chiedendo aiuto tra la gente che faceva la spesa in quel pomeriggio di orrore. Ma i tre, come gli altri clienti che non riusciranno mai più a levarsi quell'immagine atroce dal cervello, hanno anche confermato come il bambino fosse stato chiaramente cambiato dopo l'omicidio: la maglietta che aveva addosso non aveva i segni delle pugnalate, che invece sono subito apparse quando chi ha provato ad aiutare una mamma disperata e un bimbo esanime per prima cosa hanno alzato la maglietta, scoprendo un corpicino martoriato. Martoriato da sette coltellate a collo, torace e addome con quello che era un coltello da bistecca, con ogni probabilità trovato poi dai carabinieri nascosto nella borsa lasciata proprio sotto la cassa.
Coltello che proviene dalla casa dell'ex datore di lavoro di Bradacs, il titolare di un night club tra Umbria e Toscana in cui la 45enne ungherese aveva lavorato negli anni Novanta.

Lo ha raccontato proprio lui in aula, spiegando anche come con la donna avesse avuto una breve relazione e che lei, dieci anni fa, alla fine lo avesse minacciato di denunciarlo per sfruttamento della prostituzione. «Non avevo nulla da temere, non ho mai fatto quello di cui mi accusava», ha spiegato alla Corte, aggiungendo come Bradacs avesse chiesto 12mila euro in cambio del suo silenzio. Abbastanza perché lui per primo la denunciasse per tentata estorsione. Eppure, «mosso a pietà» da quella donna che chiedeva aiuto con un bambino piccolo, in quella fine di settembre di due anni fa decise di accoglierli in casa sua, non immaginando chiaramente niente di quel drammatico epilogo. «Non l'ho vista bene», ha detto l'uomo, ma Bradacs a quel punto aveva già avuto un malore e aveva chiesto di essere riaccompagnata in carcere. Da cui uscirà domani per tornare nell'aula degli Affreschi forse per l'udienza più dura: si ritroverà davanti Norbert Juhasz, il papà di Alex. Per non far avere a lui il loro bambino è fuggita e sempre contro di lui lo avrebbe ucciso. E Norbert vola oggi dall'Ungheria solo per incastrarla davanti al dolore di un papà che voleva soltanto dare amore e pace al suo piccolo angelo.

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