Omicidio di Bastia, il giovane alla guida: «Ho investito Filippo perché ero terrorizzato»

Omicidio di Bastia, il giovane alla guida: «Ho investito Filippo perché ero terrorizzato»
di Egle Priolo
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Mercoledì 19 Agosto 2020, 07:39 - Ultimo aggiornamento: 11:01

PERUGIA - «Non l'ho visto, giuro. Ho pensato di aver preso un cordolo, un marciapiede. E sono scappato perché avevo paura, non mi sono accorto di niente». Così Brendon Kosiqi, il 19enne di Assisi che era alla guida dell'Opel Corsa che ha investito e ucciso Filippo Limini il 15 agosto, si è difeso davanti al gip Natalia Giubilei.

Spiegando anche al sostituto procuratore Paolo Abbritti – che contesta a lui e agli amici Kevin Malferteiner e Denis Hajderlliu le accuse di rissa aggravata e omicidio preterintenzionale – cosa sia successo nelle prime ore di Ferragosto nel parcheggio di una nota discoteca di Bastia. Brendon, assistito dagli avvocati Delfo Berretti e Aldo Poggioni, ha raccontato dell'arrivo in via Giontella, della discussione per un parcheggio e poi dell'aggressione subita da un gruppo di ragazzi. «Lui non ha partecipato alla rissa – commenta l'avvocato Berretti -, si è difeso. È sceso dall'auto dopo che era stato spaccato il lunotto e quando ha visto che erano in troppi contro solo loro tre, è risalito e ha messo la retromarcia. Purtroppo non ha visto Filippo che, come hanno spiegato anche altri testimoni, era a terra dopo un pugno. Una tragedia. Siamo vicini alla famiglia Limini, ma per Brendon, un bravo ragazzo, un lavoratore, senza alcun precedente, era impossibile vedere il corpo di Filippo dietro l'auto». Forti di questa versione, i legali hanno chiesto la revoca dell'arresto, non sussistendo – è la tesi difensiva – esigenze cautelari né la «pericolosità sociale» sostenuta dal pm nella richiesta di convalida. Da qui, anche la contestazione delle accuse, «sia perché Brendon non ha partecipato alla rissa, sia perché l'omicidio non può considerarsi preterintenzionale, visto che non aveva alcuna intenzione di far male a Filippo ma solo di scappare da lì».
Linea e versione molto simile a quella di Kevin (assistito dagli avvocati Salvatore Adorisio e Federico Calzolari), ma soprattutto a quella di Denis, il ventenne di Assisi, che ha sferrato il pugno che ha fatto cadere a terra Filippo. Difeso dagli avvocati Daniela Paccoi e Guido Maria Rondoni, il giovane ha ammesso di aver colpito il giovane spoletino, ma di averlo visto mentre provava a rialzarsi. «Una caduta da quell'altezza non può averne provocato la morte», ribadisce l'avvocato Paccoi. Anche per questo sarà determinante il risultato dell'autopsia in programma domani e anche della Tac total body effettuata ieri sera (vedi box).
Da giorni, comunque, i legali dei tre arrestati stanno ricevendo attacchi e insulti sui social per aver preso la loro difesa, da chi dimentica come sia un diritto costituzionalmente garantito, oltre che la loro professione, e per cui hanno ottenuto la solidarietà dei colleghi.
LE INDAGINI
Intanto proseguono serrate le indagini dei carabinieri della Compagnia di Assisi, agli ordini del tenente colonnello Marco Vetrulli, impegnati nel sentire i testimoni e anche a individuare i nomi dei ragazzi che avrebbero partecipato alla violenta aggressione all'auto. È importante capire come sia andata secondo la versione anche dell'altro gruppo, per valutare le esatte responsabilità di una tragedia nata per un banale parcheggio. Di certo, l'auto guidata da Brendon è stata colpita con violenza, sia stato a mani nude o con crick o il tirapugni che i militari starebbero cercando. Da quanto si apprende non ci sarebbero stati ancora sequestri di armi improprie, ma anche questo è un pezzo importante del puzzle da mettere al suo posto. Nulla restituirà a mamma Lucilla e papà Graziano il loro Filippo, ma la famiglia ha diritto di arrivare alla verità. Per capire come si possa perdere un figlio a 25 anni - un bravo ragazzo, un buon cacciatore e anima della Corsa dei vaporetti, benvoluto da tutti - mai come in questo caso, al posto sbagliato nel più tragico momento sbagliato.

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