Motivi contenuti in una memoria che la Suprema corte ha ritenuto infondati e per cui ha respinto il ricorso. La sesta sezione civile, presieduta da Maria Giovanna Sambito, nell'ordinanza 14951/2020 ha ricordato come «l'obbligo di mantenimento dei figli minori spetta primariamente e integralmente ai loro genitori sicché, se uno dei due non possa o non voglia adempiere al proprio dovere, l'altro, nel preminente interesse dei figli, deve far fronte per intero alle loro esigenze con tutte le sue sostanze patrimoniali e sfruttando tutta la propria capacità di lavoro, salva la possibilità di convenire in giudizio l'inadempiente per ottenere un contributo proporzionale alle condizione economiche globali di costui. L'obbligo degli ascendenti di fornire ai genitori i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli – che investe contemporaneamente tutti gli ascendenti di pari grado di entrambi i genitori – è infatti subordinato e, quindi, sussidiario rispetto a quello, primario, dei genitori, non essendo, appunto, consentito rivolgersi agli ascendenti sol perché uno dei due genitori non sia il proprio contributo, ove l'altro genitore sia in grado di mantenere la prole».
I giudici hanno quindi ribadito la correttezza della sentenza d'appello (che confermava anche la decisione di primo grado): «La situazione economica della madre, che guadagna circa 1.100 euro mensili – si legge nell'ordinanza -, è stata ritenuta insufficiente a far fronte alle esigenze del minore, perché è malato e necessita di terapie riabilitative, e ciò pure tenendo conto del contributo economico dei nonni materni con i quali la donna abita». I nonni paterni sono stati anche condannati al pagamento delle spese, liquidate in 2.100 euro.
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