Gratteri a Perugia: «Legami 'Ndrangheta-politica? Le mafie fanno votare». I rapporti con la massoneria deviata e i professionisti perugini «compiacenti»

Nicola Gratteri
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Lunedì 13 Gennaio 2020, 13:46
PERUGIA - «Già dieci anni fa arrivammo a Perugia con un’inchiesta sulla ‘Ndrangheta. Ricordo un’intercettazione ambientale, moglie e marito imprenditore parlano del nuovo socio e lei dice che non gli piace. Poi si sente bussare alla porta e il personaggio calabrese e rassicura i due: “da oggi ci pensiamo noi”. Gli imprenditori non possono continuare a raccontare la storiella che non sanno chi sia chi li avvicina. Se vengo con due valigie piene di euro non puoi dire che non capisci che quello è riciclaggio. Lo ‘ndranghetista non viene con la coppola, non spara. Porta soldi». Firmato, Nicola Gratteri. Procuratore di Catanzaro e motore della maxi indagine sulla ‘Ndrangheta a Perugia.

Il magistrato sabato pomeriggio ha partecipato al convegno “Etica&- Legalità” organizzato a Palazzo Cesaroni (sede del consiglio regionale) dalla Fondazione Sinderesi. L’evento è stato coordinato da Constantino Christoyannis, console di Grecia a Perugia. Vari gli interventi: Enrico Carloni, docente dell’Università di Perugia; Antonio Nicaso, Advisory Council dell’Istituto italiano di studi strategici Nicolò Machiavelli e monsignor Samuele Sangalli, presidente della Fondazione Sinderesi. Inevitabile, viste le ultime inchieste contro la ‘Ndrangheta che hanno fortemente interessato anche Perugia, come l’intervento più atteso fosse quello del procuratore di Catanzaro: «Negli ultimi quindici anni la presenza della ‘Ndrangheta al centro nord è sempre maggiore, anche in Umbria. E da qualche tempo assistiamo a un processo di accelerazione».

I motivi? Soldi e potere. «I capi mafia - dice Gratteri - è gente che conta i soldi con le stesse macchinette delle banche. Gente che porta in Spagna e sud America camion pieni di soldi per comprare tonnellate di cocaina. Gente, ancora, che con questo fiume di denaro può facilmente investire in attività commerciali, bar, ristoranti ma anche latifondi, per accedere ai fondi della Comunità Europea».

Ma c’è di più, perché il potere della ‘Ndrangheta, il suo ruolo ormai riconosciuto di mafia preminente non solo a livello italiano ma anche internazionale (soprattutto per il traffico di droga) si basa sulla capacità «di avere contatti con la pubblica amministrazione: questo l’ha resa così potente. Le commistioni con la politica in Umbria? Io lavoro in Calabria, ma finora nel nord Italia finora abbiamo visto che le mafie votano e fanno votare, quindi perché no nelle altre regioni, anche in Umbria. Sappiamo che esiste una “dote” della ‘Ndrangheta che si chiama Santa e che prevede la possibilità per uno ‘ndranghetista di far parte di una loggia massonica diciamo “deviata”. Questo consente quindi di avere rapporti diretti con i quadri della pubblica amministrazioni, con le professioni. Sul piano giudiziario ancora qui nell’Italia centrale non abbiamo tantissime evidenze ma dal punto di vista teorico è possibile che ciò avvenga dato che sul piano della struttura dell’organizzazione esiste già questa possibilità».

Questo legame lo raccontano perfettamente le oltre 1300 pagine della richiesta di applicazione di misure cautelari firmata dai magistrati diretti da Gratteri per l'inchiesta che, prima di Natale, ha aperto un mondo sulla presenza della 'Ndrangheta a in città. Accuse ovviamente tutte da dimostrare e nei confronti delle quali le 27 persone finite a vario titolo agli arresti domiciliari o in carcere avranno modo di avanzare le proprie tesi difensive e interpretazioni dei fatti. Per la Procura di Catanzaro, di sicuro, le indagini della polizia raccontano di come la «associazione criminale di ‘Ndrangheta operante a Perugia» si sia «radicata anche sotto il profilo imprenditoriale e che da qui ha esteso le sue diramazioni verso altre città attraverso un reticolo di imprese modellato su una complessa struttura».

Bene, secondo gli investigatori, questo reticolo si sarebbe nutrito del lavoro di professionisti perugini compiacenti. «Tali imprese, che risultano essere “fornitori” e “clienti“ a seconda delle esigenze, sono distinte tra quelle che sono realmente produttive e quelle che, invece, sono delle vere e proprie “fantasma” ma si sostengono tra loro attraverso una fitta rete di “prestazioni reciproche” perlopiù inesistenti che vengono attestate attraverso “fatturazioni” preparate ad hoc da professionisti compiacenti. Tali operazioni permettono di aumentare innanzitutto i valori di produzione delle imprese (quindi anche delle fantasma) consentendo loro di creare una solidità economica che li abilita a presentarsi presso gli istituti di credito ed accedere al cosiddetto “castelletto bancario”, un tipo di finanziamento a breve termine che una banca eroga». Ovviamente è tutta una truffa, con centinaia di migliaia di euro incassati e società lasciate fallire.
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