I divieti e le restrizioni della “zona rossa” fermano il commercio della moda. Accessori, abbigliamento e scarpe, infatti, oltre al Covid, devono fare i conti con la stagionalità dei capi. Uno stop alle vendite che, però, non è per tutti.
LA GUERRA DEI CODICI
«Basta fare un giro per via Manzoni – spiega Annalisa Agostinelli, titolare di un negozio di abbigliamento e membro dell’associazione di commercianti di Ponte San Giovanni – su 66 negozi, quelli chiusi sono meno di una decina». Non un attacco ai negozi che il Dpcm del 14 gennaio autorizza a rimanere aperti in zona rossa, ma un appello a chi governa per continuare a fare impresa senza essere penalizzati. E c’è già chi la chiama la guerra dei codici Ateco. «Se è vero che dobbiamo diminuire la pressione negli ospedali arrivati al limite – continua Annalisa – non mi pare sia questa la strada giusta».
SALDI FLOP
E poi ci sono i saldi che stentano a decollare. «Dopo lo stop obbligato di Natale – spiega Romano Casaioli di Bruno Calzature in via Settevalli -, ora anche due settimane di chiusura. I saldi è come se non ci fossero stati, anche a causa del continuo apri e chiudi e ora possiamo dire addio anche allo shopping di San Valentino». Senza dimenticare che il settore della moda ha già subito importanti perdite per l’annullamento di cerimonie ed eventi.
E poi c’è anche l’artigianato del settore moda.
SHOPPING IN SICUREZZA
In una emergenza in cui la sicurezza è elemento fondamentale e sempre in primo piano, i commercianti vogliono dire la loro. «Abbiamo utenze, affitti, pagamenti che non si fermano mai - racconta Ilenia Votini del negozio Ilenia Vintage in via della Pallotta - . Questo ennesimo stop è una mattanza. Prima ci fanno fare tremila dispositivi per la sicurezza e poi ci fanno chiudere».
CONFCOMMERCIO
Arriva da Confcommercio Umbria e dal suo presidente Giorgio Mencaroni un commento sui criteri che hanno stabilito i codici Ateco delle imprese che rimangono attive. «In termini di pericolosità per la salute ci devono spiegare- commenta Mencaroni - perché una profumeria, una merceria o una ferramenta può stare aperta e un negozio di abbigliamento no. Quale assembramento può esserci, quando c’è un imprenditore che sa bene quali sono i comportamenti da rispettare, e si assume l’onere di farlo?».