Morto dopo il furto, i carabinieri e la guardia giurata «hanno sparato per difendersi»

Morto dopo il furto, i carabinieri e la guardia giurata «hanno sparato per difendersi»
di Egle Priolo
3 Minuti di Lettura
Sabato 22 Maggio 2021, 09:30 - Ultimo aggiornamento: 09:33

PERUGIA - I carabinieri e la guardia giurata che, nell'ottobre 2018 a Ponte Felcino dopo un furto in una tabaccheria, hanno sparato contro la macchina dei ladri colpendo a morte Eduart Kozi, si sono solo difesi.

Lo hanno sostenuto con vigore ieri davanti al gup Margherita Amodeo gli avvocati Nicola Di Mario e Alessandro Vesi, legali dei tre inizialmente indagati per omicidio colposo aggravato in concorso e per cui lo stesso sostituto procuratore Mara Pucci ha avanzato richiesta di archiviazione. Richiesta contro la quale ha presentato opposizione, per conto della famiglia della vittima, l'avvocato Antonio Cozza. Un'opposizione puntuale, ma che le difese di carabinieri e guardia giurata hanno smontato nella discussione durata due ore. «Si è cercato di individuare elementi ex post, davanti al comportamento lineare e pulito di chi è intervenuto», ha commentato all'uscita del tribunale l'avvocato Vesi.

LA DINAMICA
Kozi, cinquantenne albanese da anni a Perugia con tutta la famiglia, era stato ucciso da quel colpo di pistola: un colpo di rimbalzo, come stabilì l’autopsia, dopo che il proiettile aveva frantumato il lunotto posteriore dell’Audi con cui tre persone stavano scappando per le vie di Ponte Felcino dopo aver consumato un furto nella tabaccheria di via Messina. Erano le quattro del mattino del 4 ottobre quando nella frazione perugina era iniziato l’inseguimento, con la macchina della banda che aveva anche speronato l’auto del vigilante prima di darsi alla fuga. L’arrivo dei carabinieri, le ricerche andate avanti per ore, i posti di blocco. Per poi scoprire, di prima mattina, il corpo in quell’auto abbandonata in via Radiosa, una via laterale davanti al piazzale della vecchia stazione, a poco più di un chilometro dal luogo del furto. Una volta colpito a morte da uno dei 14 colpi esplosi da carabinieri e guardia giurata, i suoi complici hanno infatti lasciato Kozi morente nell’auto e si sono dati alla fuga a piedi.
Ma quei colpi di pistola sono stati esplosi per difendersi.

Con la traiettoria dipesa anche da una serie di fattori che i tre, e in particolare il carabiniere dalla cui pistola è partito il colpo mortale, non potevano prevedere. Come la brusca retromarcia dell'auto dei banditi, la macchina che si abbassa e la drastica riduzione dello spazio tra la vettura e lo sparatore. Che comunque, come dimostrato dai periti, mirava correttamente alle gomme. Lo ha spiegato con precisione nella sua discussione l'avvocato Di Mario, sostenendo come «l’evento morte non dipese, in modo esclusivo, da una erronea ed incolpevole graduazione nell’uso legittimo dell’arma essendo, invece, riferibile anche alla contemporanea presenza di fattori eccezionali ed anomali che, estranei alla volontà dell’agente, si sottraevano alla suo potere di controllo ed impedimento». E ancora: «Nella singolare contingenza, infatti, le manovre eseguite dal conducente dell’Audi A6 rendendo attuale e concreto il rischio di offesa alla propria ed altrui incolumità (investimento di due indagati, ndr) autorizzavano, in presenza di un grave pericolo per la persona non altrimenti evitabile e a fronte di una perfetta omogeneità tra beni in conflitto, una reazione difensiva».

Tutti motivi per cui i legali hanno chiesto al gup, nel finale dell'udienza preliminare, di dichiarare l'infondatezza dell'opposizione - avanzata da chi ha comunque perso un familiare per morte violenta - e di adottare l'ordinanza di archiviazione, come chiesto dalla procura. Il giudice si è riservato e ora quattro famiglie sono in attesa della sua decisione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA