A piedi da Morgnano a Bastardo
per ricordare i minatori umbri

A piedi da Morgnano a Bastardo per ricordare i minatori umbri
di Ruggero Campi
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Lunedì 25 Marzo 2019, 19:46 - Ultimo aggiornamento: 19:47
PERUGIA - "Per nascita fummo amici della terra. Le nostre braccia leve di acciaio. Ogni giorno un lungo percorso a piedi o in bicicletta. Poi il buio ci ingoiava. Fantasma in agguato il grisù. Fra questi colli una pagina eroica della fatica umana". Sono le parole del monumento dei minatori che sta vicino alla miniera di Morgnano, un piccolo paese vicino a Spoleto, importante per la nostra memoria collettiva di umbri. L'ho scoperto andando in bicicletta, come tutti gli altri bellissimi luoghi di quella zona; c'ero stato anche prima, ma in automobile, frettoloso e di passaggio, mentre le due ruote ti danno un potere magico, quello di vivere profondamente i posti, attraversarli ed esserne attraversati. E così molto spesso salgo e scendo dalle dolci (e aspre) colline intorno a Terzo la Pieve, sotto il perimetro dei Monti Martani. Una zona incontaminata, la campagna e i filari ordinati, piccoli laghetti, olivi cangianti a perdita d'occhio. Qui ho conosciuto il team tutto femminile che gestisce il bar Le Miniere 1881 di Morgnano e custodisce la memoria di un passato importante.

Sì, perché a Morgnano erano attive delle miniere di lignite e una fornace, che ne facevano un centro industriale di notevole spessore. Un piccolo esercito di operai si dava il cambio ogni giorno, c'era una linea ferroviaria per la lignite e una teleferica che arrivava fino al Bastardo: dalla metà degli anni '50 tutto si è fermato, i luoghi sono silenziosi e si fa fatica a immaginare una così densa concentrazione di persone. La miniera aveva trasformato un'economia prevalentemente agricola in un'economia industriale, anche se ancora a livello embrionale. Dai piccoli paesi della zona, Baiano, Poreta, San Giacomo, Terzo la Pieve, Campello, Beroide, La Bruna, Castel Ritaldi partivano a piedi o in bicicletta” tutti i giorni centinaia di persone. I minatori venivano calati nei pozzi fino a 350 metri di profondità con una specie di gabbia rudimentale e lavoravano su turni di 24 ore, a forza di braccia, con la poca luce fornita dalle lampade esposte al museo. Proprio oggi 22 marzo ricorre l'anniversario della tragedia che nel 1955 provocò la morte di 23 di loro e gettò nella rovina le famiglie che del salario della miniera vivevano. Dopo una visita al museo della miniera, molto ben organizzato, si riesce ad immaginare che vita si facesse nelle viscere della terra e con quali condizioni di sicurezza. Quando passo di lì, in sella alla mia fedele Pinarello attraversando quelle colline per diletto, penso a chi lo faceva non per sport ma per necessità, a piedi o, i più fortunati, con una bicicletta pesantissima, con le gomme piene e senza cambi.

Alcune salite, come quella di Uncinano proprio sopra Morgnano, sono così dure che - malgrado la moltiplica 34 x 30 - mettono a dura prova le gambe più allenate. Impreco sempre contro il fondo eternamente sconnesso delle strade, mentre c'era chi con ogni tempo le percorreva quando non erano che viottoli di campagna e l'asfalto era di là da venire. Io ho computer di bordo che documenta ogni metro del mio giro, i Wat, i battiti del mio cuore e in cima a ogni salita posso rinfrancarmi con la provvidenziale barretta e un sorso di bevanda isotonica. Allora i turni erano su 24 ore e i viaggi in bici a ogni ora del giorno non erano una rigenerante parentesi sportiva, ma il preludio a nove ore di miniera, nel buio a centinaia di metri di profondità. Il lavoro, la fatica, la voglia di riscatto hanno scritto una storia importante dell'economia umbra e non dobbiamo dimenticarcene. Sarebbe bello organizzare ogni anno un cammino da o verso Bastardo, dove arrivava la lignite delle miniere. Oggi la parola "cammino" è molto in voga, ha sostituto la più banale trekking perché forse evoca una scoperta interiore, un cammino - appunto - dentro di sè. Senza pretesa di gareggiare con i santi che popolano l'Umbria e hanno dato il nome "commerciale" a tanti ormai celebri percorsi, sarebbe bello studiare anche in questi luoghi così speciali degli itinerari, per non dimenticare e soprattutto per ritrovare. La traccia della teleferica che collegava Morgnano al Bastardo è appunto un'idea, che ne dite ci vogliamo provare?
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