«Fino al ministro Nordio per la verità sulla morte di mio fratello Nicola»

Nicola Romano
di Michele Milletti
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Giovedì 27 Aprile 2023, 07:10
PERUGIA - «Qualche giorno fa ho chiesto un appuntamento al ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Sono in attesa di una risposta, spero a breve, perché sappia cosa è successo a Nicola e perché non abbiamo mai creduto e mai crederemo alla versione che sia morto per droga». Maria Chiara Romano, sorella del ragazzo deceduto il 26 agosto del 2013 nel suo appartamento in via Mater Dei, tira dritto con coraggio e determinazione.
Nonostante l’ultima, e terza, richiesta di archiviazione da parte della procura a metà aprile, lei e la sua famiglia non si arrendono. Specie e soprattutto dopo aver appreso come uno degli elementi su cui si fondava questa ulteriore richiesta di archiviazione era l’impossibilità di eventuali nuove analisi perché i reperti sarebbero andati distrutti un mese dopo la relativa disposizione del tribunale, datata 20 aprile 2022.
Intanto oggi i familiari, assistiti dagli avvocati Barbara Romoli e Anna Beatrice Indiveri, depositeranno l’opposizione alla richiesta di archiviazione. Secondo quanto si apprende, oltre alla richiesta di sentire in modo più completo le persone cui Nicola avrebbe raccontato (soprattutto attraverso messaggi via social) di temere per la sua vita al punto di pensare di andare via da Perugia pochi giorni prima di morire, potrebbero essere inseriti ulteriori documenti. Senza dimenticare come i familiari di Nicola hanno già comunque espresso l’intenzione anche di depositare un esposto in procura generale. 
LA BATTAGLIA 
«Era il 2021 - ricostruisce Maria Chiara - quando portammo quegli elementi di novità che ci erano stati chiesti per riaprire la indagini sulla morte di mio fratello». In particolare analisi fatte svolgere dalla famiglia sul telefono, i suoi contatti, sulla scatoletta gps della macchina ma anche le testimonianze. «Sparisce per due giorni - riassume la sorella - finché viene trovato morto sotto un tavolo, con la maglietta alzata e le braccia chiuse come se volesse difendersi, lividi freschi e casa a soqquadro». Si arriva allo scorso novembre quando il gip rigetta la seconda richiesta di archiviazione. Fino al colpo di scena di metà aprile: notificata una nuova richiesta di archiviazione, che ripercorre la storia di questo triste fascicolo, e sottolinea l’impossibilità di eventuali nuove analisi perché i reperti sarebbero andati distrutti.
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